Citazioni dirette nei testi o sampling nascosti all’interno delle strumentali, influenze estetiche, di ritmo e sovrapposizioni di contenuto: l’influenza (reciproca) tra musica e cultura hip hop e gli anime è radicata da sempre ma negli ultimi vent’anni è esplosa particolarmente da entrambi i lati

Hip hop anime

e guardiamo la quasi totalità del rap mainstream contemporaneo – specialmente dall’avvento della rivoluzione trap che ha totalmente cambiato la percezione della musica popolare su più livelli (e non solo circoscritti all’hip hop) – i riferimenti estetici, tematici e le citazioni nei testi all’animazione giapponese si sprecano. Sono infatti centinaia, solo negli ultimi vent’anni, i nomi che gravitano intorno alla cultura hip hop che non hanno nascosto in nessun modo la propria passione per gli anime, in sintonia con quello che sta succedendo da più o meno lo stesso periodo anche in altri contesti (personaggi di Hollywood, personalità sportive eccetera). Ma da dove arriva questa collisione? In che modo hip hop e anime si sono influenzati a vicenda negli anni? Qual è l’effetto di questo incontro e che cosa ci può dire di come viviamo la cultura popolare, oggi?

Trovare un punto di origine è piuttosto complicato, perché le due realtà – hip hop e anime – nel corso degli anni hanno instaurato un percorso di influenza reciproco, subliminale e che ha definito moltissimo entrambi gli attori coinvolti anziché essere solo uno a influenzare l’altro. Probabilmente Kanye West non sarebbe arrivato a essere ossessionato in modo piuttosto attivo ed evidente con Akira se lo stesso autore – Katsuhiro Otomo – non avesse riconosciuto una grossa influenza delle prime sperimentazione rap americane (tratto comune nella cultura giapponese da fine anni ’80 in avanti) per la creazione della sua Tokyo distopica. Quasi sicuramente la messa in onda di opere d’animazione iconiche come Naruto e Dragonball coincidente all’infanzia e all’adolescenza di chi ora crea materiale artistico (non soltanto musicale), ha contribuito a creare un immaginario molto preciso. Dall’altro lato l’importanza fondante e fondamentale che ha avuto la musica black in generale per Shinichiro Watanabe, che all’hip hop ha dedicato interamente il suo Samurai Champloo, è solo uno dei tantissimi esempi possibili.

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Ma perché hip hop e anime hanno questa relazione così netta e specifica, tanto da tracimare anche esternamente e influenzare in toto le culture di massa tanto in oriente quanto in occidente? La risposta anche in questo caso è ambigua e non realmente completa. Quel che è certo, però, è che non si tratta soltanto di coincidenza di periodo in cui le due arti hanno iniziato a essere rilevanti. Piuttosto una delle motivazione è da ricercare, almeno per quanto riguarda quel che l’hip hop ha preso tanto dagli anime quanto dalla cultura nipponica in genere, in un modo di raccontare l’onore, il percorso di eroine ed eroi e come loro affrontano le avversità e in generale il concetto di marginalità e riscatto che sono spesso centrali in certe produzioni animate giapponesi (specialmente gli shonen di combattimento, che sono anche quelli più diffusi in occidente).

Non è affatto un mistero, per esempio, che il leggendario gruppo Wu-Tang Clan ha da sempre rivolto al concetto orientale di onore, rispetto e clan (di samurai, di ninja eccetera) un’attenzione di riguardo, citando da vicino sia testi più tradizionali legati alla mitologia quanto materiale più contemporaneo e pop come gli anime. Spostandoci su dimensioni più contemporanee e ritirando in causa Naruto – le cui influenze sono evidenti in rapper come XXXTentacion e Lil Uzi Vert – il rapper Father ha esplicitato le ragioni del successo e le importanti influenze che ha avuto per la cultura non solo hip hop ma generalmente afroamericana nel contemporaneo: “la comunità nera ha sempre guardato con ammirazione i ninja e i samurai e il loro avere dei codici d’onore: i team di ninja in Naruto sono quasi delle gang, tipo delle squad“.

Hip hop anime

Un altro aspetto da considerare, parlando di relazione tra hip hop e anime, è quello relativo al campionamento. Da sempre il rap è infatti associato al sampling, ovvero alla tecnica per cui si riutilizzano parti di altri brani musicali o tracce vocali (selezionati con quell’opera di ricerca che in gergo viene chiamato diggin in the crates) per rievocare delle situazioni e ricostruirle con l’uso di filtri e sequenziamenti. Nel tempo chi si occupa della produzione di basi musicali per artiste artisti che hanno a che fare con l’hip hop ha iniziato ad attingere anche dall’animazione giapponese, cospargendo qua e là le atmosfere dei cartoni animati anche nella parte musicale delle tracce e non solo nei testi e nelle loro citazioni. Riferimenti più nascosti e subliminali ma che nel tempo sono andati a scrivere e definire moltissimi modi di produrre strumentali. Non è un caso che il padre del cosiddetto lo-fi hip hop (genere che riprende moltissimo le suggestioni nipponiche) sia Seba “Nujabes” Jun, musicista che oltre a creare una visione ripresa moltissimo in occidente ha firmato per intero la colonna sonora del suddetto Samurai Champloo dove il codice rigoroso dei samurai incontra e sposa i fondamenti del writing e della breakdance per raccontare in modo nuovo il periodo edo.

In conclusione: il rapporto interconnesso tra hip hop e anime è complesso, strutturato e ha definito la cultura di massa in modo evidente. La convergenza di temi, il percorso di redenzione e l’onore sono solo alcuni dei punti di incontro. Ovviamente anche estetica, moda e identità sono sfere che hanno creato e stanno creando tutt’ora piani su cui i due trovano terrene comune per influenzarsi vicendevolmente. Ciò che chi fa musica ha visto in passato o sta guardando tutt’ora e ciò che chi anima ha ascoltato o ascolta apre le porte a momenti di sovrapposizione che generano suggestioni nuove, uniche proprio per il contributo dei punti di origine.

Luca Parri
Nato a Torino, nel 1991, Luca studia scienze della comunicazione come conseguenza della sua ossessione nei confronti delle possibilità che offrono i mezzi di comunicazione e ha lavorato come grafico e consulente marketing (lavoro che ha fatto crescere esponenzialmente la sua ossessivo-compulsività per le cose simmetriche e precise). Lo studio gli ha permesso di concretizzare la sua passione per i differenti linguaggi dei media, sperimentando con mano l'analisi linguistica e semiotica; il lavoro gli ha dato la possibilità di provare a inserire la teoria nel pratico. Studio e lavoro, insieme, lo hanno portato a scrivere di, tra gli altri argomenti, grafica pubblicitaria, marketing, comunicazione e comunicazione visiva collegata al videogioco.