Di come il mercato cambi sotto scroscianti applausi

L’ottava generazione di console ha ufficialmente sancito il passaggio alla frontiera del gioco digitale, su questo non v’è dubbio alcuno. Se un tempo gli acquisti online e digitali potevano essere fonte di dubbi, oggi giorno l’idea di prendere un gioco in digitale non è più un’opzione da prendere in considerazione bensì una scelta di vita videoludica ben precisa.

Ma non solo: l’avvento di Spotify prima e Netflix poi ha quasi portato una rivoluzione nelle nostre case ed è lecito pensare che il futuro dell’intrattenimento viaggerà quasi sicuramente sui binari della fibra ottica. Un’ulteriore prova di questa rivoluzione è il grande passo fatto da Microsoft che renderà disponibili sin dal lancio tutti i giochi sviluppati dai suoi studi interni a tutti gli iscritti al programma Xbox Game Pass, a partire dall’imminente Sea of Thieves passando per Crackdown 3 e molti altri. Per chi non sa di cosa parliamo, Xbox Game Pass è un servizio on demand che permette ai suoi iscritti di giocare centinaia di titoli per Xbox One e Xbox 360 alla modica cifra di 9,99€. Un servizio non dissimile da quello già proposto da Sony con PlayStation Now, con la differenza però che i suddetti giochi sono scaricabili ed utilizzabili liberamente fintanto che si paga l’abbonamento, oltre al fatto che i giochi Xbox Play Anywhere potranno essere scaricati anche su PC senza costi aggiuntivi.

Nonostante si possa ampiamente scherzare sull’offerta ludica di Xbox One in termini di esclusive, l’idea di base è una svolta incredibile per il mondo videoludico ma, se da un lato il consumatore può festeggiare, è doveroso anche fare i conti con un’industria al dettaglio che potrebbe cambiare il suo volto per sempre, o almeno i suoi rapporti con Microsoft.

Nel momento in cui scrivo, infatti, la storica catena videoludica austriaca Gameware KG ha annunciato che non venderà più prodotti marchiati Xbox One, sia software che hardware. Può sembrare una quisquilia per molti, tuttavia non è mai saggio sottovalutare un piccolo evento dal quale potrebbe scaturire molto di più. Gameware KG è di fatto il GameStop italiano e al di là delle lamentele che lasciano il tempo che trovano, parliamo di un punto di riferimento per quanto riguarda il gaming a tutto tondo.

D’altronde il rapporto tra Microsoft e i rivenditori fisici è ormai una frattura difficilmente sanabile, specie se si pensa alle tante figuracce che la casa di Redmond ha inanellato ancor prima dell’inizio del ciclo vitale di Xbox One. Pensate ad esempio all’improvvisa chiusura del supporto a Kinect che ha portato numerose catene a svendere bundle da 500 euro, nonché allo scarso interesse del pubblico nei confronti di una console che ha perso la fiducia di moltissimi acquirenti passati ormai all’ammiraglia Sony.

Un’altra cosa a cui si dovrebbe pensare, inoltre, è il sistema dell’usato: quando nel 2013 Microsoft annunciò la famosa registrazione dei giochi le reazioni furono talmente negative che pure Sony approfittò dell’occasione per versare benzina sul fuoco. Adesso sembra lecito gioire per un servizio come Xbox Game Pass ma è bene tenere a mente che, qualora questo modello di business prendesse piede, il sottobosco del preowned sarebbe automaticamente condannato. E no, non penso che Microsoft permetterà a più utenti di usare lo stesso account Game Pass quindi godetevi il libero scambio di software fisico finché siete in tempo.

E a proposito di supporto fisico, pensiamo ad un altro ramo molto redditizio delle software house: le edizioni limitate. Non servo certo io a spiegarvi quanto il collezionismo videoludico sia ormai una realtà affermata e di come, spesso e malvolentieri, molti giochi arrivano sul mercato in trentordici versioni diverse, differenti anche in base al luogo che scegliete per comprarle, con bonus di preordine o statuette, monolocali e via dicendo. A voler cercare il pelo nell’uovo, Microsoft ha già testato questo modello di vendita: pensate alla Collector’s Edition di Gears of War 4, venduta con tantissimi gadget ed una statuetta di pregio ma senza gioco. Al suo annuncio ci furono perlopiù risate ma, a pensarci adesso, quella che poteva sembrare soltanto una scelta bislacca si tramuta in un esperimento dai contorni vagamente inquietanti.

Tutte queste righe hanno il fine ultimo di farvi capire come funziona effettivamente un mercato e che no, un annuncio come quello di Game Pass non è un modo come un altro per esprimere una filosofia ludica come potrebbe essere Nintendo Labo. Parliamo infatti di decisioni che possono sovvertire il modo di fare le cose, così come la diffusione di Netflix ha portato ad un’autentica crisi del settore del noleggio mettendo alle strette interi business come Blockbuster ma anche le videoteche di quartiere. Il futuro delle console si decide da questa mossa, indubbiamente piccola per ora ma non per questo trascurabile: basterebbe che un solo publisher di grossa caratura aderisca al progetto per rendere ancor più concreta l’ipotesi di una nona generazione dove l’alloggiamento del disco diventerà un orpello figlio di una tecnologia ormai vecchia. Per esempio, un colosso dell’industria che deve recuperare credibilità dopo aver provato a chiedere soldi con le microtransazioni e che ha già un servizio on demand a suo nome, su Xbox One guarda caso.

Coincidenze? Ditemelo voi, ma io non credo.

Francesco Paternesi
Pur essendo del 1988, Francesco non ha ricordi della sua vita prima del ’94, anno in cui gli regalarono un NES: da quel giorno i videogiochi sono stati quasi la sua linfa vitale e, crescendo con loro, li vede come il fratello maggiore che non ha mai avuto. Quando non gioca suona il basso elettrico oppure sbraita nel traffico di Roma. Occasionalmente svolge anche quello che le persone a lui non affini chiamano “un lavoro vero”.