Heroes Reborn: un fallimento che ha fatto storia

Quando poche settimane fa la Marvel ha annunciato il ritorno di Heroes Reborn alcuni lettori si sono chiesti perché la Casa delle Idee avesse tirato di nuovo fuori questa vecchia storia. Un fallimento editoriale colossale, figlio della crisi che colpì il fumetto americano in quel decennio di camicie di flanella, serate da Blockbuster ed MTV Generation che furono gli anni Novanta.

Quegli stessi lettori, probabilmente, ricordano con poco affetto quei tredici mesi in cui i fumetti Marvel vennero stravolti per fare spazio a quella che molti videro come una delle azioni più sconsiderate della casa delle idee. Testate chiuse, storie stravolte, personaggi modificati. Troppo per un pubblico “conservatore” come quello dei lettori di fumetti.

Eppure non tutto ciò che abbiamo visto all’interno di Heroes Reborn merita l’oblio. Alcune idee, compresa quella alla base di questa scelta, avrebbero meritato maggiore fortuna. O, forse, una migliore sceneggiatura. In occasione dell’azzardo di Marvel con il rilancio di un nuovo Heroes Reborn, proviamo a ripercorrerne la storia. Cerchiamo di capire quali fossero i punti forti di questo esperimento e cosa, al contrario, ne abbia causato il fallimento.

La crisi non risparmia i comics

Gli anni Novanta non sono considerati uno dei migliori periodi per i comics a stelle e strisce. Il fumetto si trovò ad affrontare una vera e propria bolla speculativa, in cui la responsabilità poteva essere equamente divisa tra collezionisti, distributori e aziende. Ma cerchiamo di andare con ordine.

Quello che da molti fu considerato uno dei grandi responsabili di questa situazione fu l’allora proprietario dell’80% della Marvel, Ron Perelman. Il nuovo proprietario della Casa delle Idee, in un atto di hybris, aumentò non poco la distribuzione delle testate. Alcune, come gli X-Men, arrivarono a stampare cinque milioni di copie. Il perché di questa scelta, che altro non fu se non l’inizio della bolla, è da ricercarsi anche nel collezionismo. Tanti, troppi lettori iniziarono già negli anni ’80 a comprare albi in maniera convulsa, prendendo magari molte più copie di uno stesso numero. Perché? Nella speranza di rivendere tutto, un giorno, al miglior offerente. Quante volte abbiamo sentito parlare di uno Spider-Man #1 o del primo numero di Batman venduti all’asta per milioni di dollari?

Questo portò a una richiesta maggiore dei fumetti, che le nuove linee editoriali della Marvel di Perelman furono liete di accontentare. Subito aumentò la tiratura ma, come avrete già intuito, questo rese meno rari gli albi a fumetti. Di conseguenza il loro valore crollò. Le vendite scemarono in maniera consistente, l’offerta superò la domanda e nel 1996 la Marvel si trovò sull’orlo della bancarotta.

In questa spirale di distruzione gli effetti si videro anche sul contenuto. Già nel 1992 la Marvel aveva visto alcuni dei suoi sceneggiatori migliori abbandonare la Casa delle Idee per dirigersi verso la Image Comics. Ma il processo di lento degrado giunse al culmine nella seconda metà del decennio. Mancavano gli autori, mancavano le idee e, per colpa della crisi, ben presto vennero a mancare anche distribuzione e lettori. Il disastro perfetto.

Come logico in un contesto del genere i (pochi) autori rimasti alla Marvel vennero presi e “segregati” affinché si spremessero le meningi per produrre idee accattivanti. Tra quelle realizzate in questo periodo abbiamo L’Era di Apocalisse, La Saga del Clone (il vostro dolore è lecito) e Onslaught. C’è da dire che non sempre la scarsa quantità di creativi sia stata un male. A molti giovani autori fu concesso di salire alla ribalta e proprio in questi anni esordirono disegnatori come Joe Madureira o sceneggiatori come Scott Lobdell.

Ma l’effetto più visibile fu la scelta di aprire e chiudere testate con una velocità allarmante, dando loro alle volte solo uno o due numeri per avere successo col pubblico. La linea di Tom DeFalco sembrò essere quella di creare molte nuove collane, nella speranza di trovare quella che corrispondesse al gusto del pubblico. Quasi uno “sparare alla cieca” sperando di centrare il bersaglio, qualcosa che denota una certa incapacità dei curatori di capire i gusti del pubblico.

Di certo nel 1996 la Marvel non era più in grado di venire incontro ai desideri dei lettori. Gli Avengers, i Fantastici Quattro e molti altri eroi non erano più in grado di soddisfare il pubblico, che cercava qualcosa di nuovo. Ma capire cosa era il vero problema ai piani alti della Marvel. Un paradosso se pensiamo che proprio l’abilità di leggere il periodo storico e far nascere personaggi comprendendo lo zeitgeist era stata la ricetta vincente della Marvel per oltre trent’anni. Proprio questa incapacità di rimanere fedeli alla propria storia porterà ai lati peggiori di Heroes Reborn.

Il ritorno di Rob Liefeld e la speranza di una rinascita

Mentre la Marvel viveva una crisi la Image Comics si godeva, grazie ai suoi fumetti più adulti e spregiudicati, un momento di fervore creativo. La Image era quanto di più anni ’90 si potesse concepire, una realtà editoriale che era stata in grado di capire il periodo e scavarsi una nicchia sempre più grande nel mercato. Tra i nomi di spicco che abbandonarono la Marvel per fondare la Image Comics ci fu Rob Liefeld, forse uno degli addii più pesanti insieme a quello di Todd McFarlane. E il ritorno di Liefeld fu un po’ come quello del figliol prodigo. L’uomo che dopo essere stato la “causa” del problema avrebbe trovato anche la soluzione.

Sarebbe facile immaginare Liefeld mentre giunge alla Marvel e accusa i piani alti di aver perso di vista la propria storia: meno facile è capire come questo abbia condotto a Heroes Reborn. Di certo il concetto alla base di questa nuova linea, che per un intero anno andò a sostituire le pubblicazioni di cinque delle testate principali (Avengers, Iron Man, Fantastici Quattro, Captain America e Thor) e di altre fu quello che aveva reso grande la Marvel. Capire il contesto storico e sfruttarlo.

Era il modo in cui si proponeva di farlo che era nuovo. Heroes Reborn avrebbe riscritto la storia di alcuni dei principali eroi del Marvel Universe, cercando di rendere il loro personaggio più attuale, coerente con quello che erano gli anni ’90. Tematiche più edgy e underground, più in linea con lo spirito di ribellione del decennio.

Il progetto avrebbe incluso alcuni dei nomi di punta della Marvel, gli Avengers e i Fantastici Quattro (ma avrebbe lasciato fuori le due testate principali: X-Men e Spider-Man). Il tutto progettando un unico arco narrativo che i lettori avrebbero potuto godersi appieno solo collezionando tutti gli albi. Questa non era del tutto una novità per i cross-over Marvel, ma per Heroes Reborn era un’altra storia: si cercava di pareggiare offerta e domanda. Dopo la crisi della distribuzione c’era bisogno di spingere la nicchia di affezionati rimasta a comprare quanti più albi possibile. E l’idea di un’unica grande storia, in grado di coinvolgere e riscrivere parte dell’Universo Marvel, in passato aveva già funzionato. Ne è un esempio Secret Wars, che andò a modificare molte cose all’interno delle testate principali della Marvel.

Inoltre la Marvel puntava a ottenere nuovi lettori. Inserirsi nella continuity di Terra-616 è un po’ come cercare di capire un film entrando con la proiezione in corso da diverse ore. Con questo “reboot” la Marvel sperava di affascinare nuovi lettori, dando loro un punto di accesso ideale per iniziare a capire storie e personaggi.

Rinati sotto una cattiva stella

Heroes Reborn fu quindi uno dei primi e più massicci esempi di retcon nella storia dei comics. Furono modificate le origini, il carattere e in parte le abilità stesse dei supereroi. Lo scopo dichiarato era semplice: portare la Marvel Comics negli anni 90. Ma era questo che volevano i lettori dalla Marvel?

Dopo gli eventi di Onslaught un gran numero di eroi si immolò per salvare il mondo. La formazione storica dei Vendicatori, i Fantastici Quattro e Hulk perirono nello scontro. Almeno in apparenza. In realtà era intervenuto il giovane Franklin Richards che, con i suoi poteri degni di un Celestiale, aveva creato un universo-tasca. Qui aveva trasferito gli eroi che si erano sacrificati per fermare la parte malvagia di Xavier.

In questo nuovo mondo tuttavia le origini dei personaggi erano decisamente diverse. Captain America per esempio era un agente governativo “inattivo”. La sua memoria era stata cancellata per ordine della presidenza Truman dopo che negò il suo appoggio al bombardamento di Hiroshima e Nagasaki con le atomiche. Iron Man riceve le schegge nel petto per colpa di Hulk. I Fantastici Quattro ottengono i propri poteri per il sabotaggio di una spia del Dottor Destino e così via.

L’idea alla base del progetto e le sue premesse non erano sbagliate. Alcune storie, come quella di Cap, avrebbero potuto convincere maggiormente i lettori, se accompagnate da disegni meno surreali (le proporzioni del corpo di Steve Rogers nell’immagine promozionale realizzata da Liefeld sono ancora oggi oggetto di derisione). Certo, altre scelte apparivano a dir poco stranianti. Perché mai Johnny Storm doveva gestire un casinò? E Bruce Banner non doveva proprio essere un genio per fidarsi dell’Hydra nello smantellare una Bomba Gamma.

Il difetto più evidente di Heroes Reborn era quello di aver spezzato a metà l’Universo Marvel. Da una parte Spider-Man, gli X-Men e altri eroi continuarono la loro vita, credendo morti i propri compagni di battaglia. Dall’altra parte c’era Heroes Reborn, una realtà in cui la storia era stata pesantemente riscritta. Per il lettore la cosa fu straniante. L’operazione di raccogliere nuovi lettori non funzionò, mentre i True Believers che erano rimasti fedeli nonostante la crisi si sentirono traditi.

Senza contare che l’intero progetto sembrava organizzato in maniera confusionaria. Ne è un esempio la gestione di Hawkeye. Il popolare arciere degli Avengers in questa realtà avrebbe dovuto rivelarsi Simon Williams (Wonder Man) secondo i piani di Loeb e Liefeld. Tuttavia, quando Walter Simonson subentrò nel progetto, l’eroe si rivelò essere Clint Barton, come nella continuity di Terra-616. Un errore forse da poco, ma che dà l’idea di una scarsa comunicazione dietro al progetto. Questa storia però non risponde alla grande domanda: Heroes Reborn poteva funzionare?

L’unica risposta sincera è: forse. Come detto l’idea di dare un nuovo inizio ai personaggi Marvel non era del tutto sbagliata. Come sappiamo il tempo nei fumetti è “compresso”. Vent’anni per l’Uomo Ragno diventano al massimo quattro o cinque, ed eventi degli anni sessanta per i supereroi sono avvenuti solo pochi anni prima. Che Iron Man nel 1996 potesse essere stato colpito da una scheggia di granata in Vietnam ed essere in attività da solo cinque o sei anni era poco credibile. A riprova che l’idea fosse giusta basti pensare che pochi anni dopo la Marvel proporrà l’Universo Ultimate, che con tematiche più adulte e una storia attualizzata (ma non stravolta) riuscirà laddove Heroes Reborn aveva fallito.

Il problema furono alcune scelte di sceneggiatura poco sensate, oltre a quella che sembrava una generale diffidenza verso il progetto da parte della Marvel. Avengers e Fantastici 4 furono coinvolti, ma perché lasciare fuori Spider-Man e X-Men se si aveva fiducia in Heroes Reborn? L’impressione è che nessuno credesse fino in fondo a questo rilancio.

Ma questa era solo una parte del problema. Era il contesto storico a essere sbagliato. Il mercato editoriale si leccava ancora le ferite e non riusciva a riprendersi dopo la crisi del fumetto. L’industria dei comics doveva reinventarsi alla base. Rivedere i suoi metodi di distribuzione e di marketing, prima ancora che le sue storie. Insomma, l’idea era giusta: il momento in cui venne applicata no.

Heroes Reborn storia

Heroes Reborn Again

A venticinque anni di distanza da quel progetto Marvel si prepara ora a una nuova versione di Heroes Reborn, un mondo che, in comune con l’esperimento del 1996, sembra avere solo il desiderio di riscrivere parte della storia. Vedremo versioni differenti di Peter Parker, un mondo privo degli Avengers e con eroi diversi a proteggerlo. Vedremo Coulson candidato alla presidenza degli USA (sic!) e molto altro.

La domanda però resta: perché tirare di nuovo fuori il nome Heroes Reborn? Certo, Marvel in passato ha scelto di riutilizzare alcuni nomi importanti delle proprie opere. Abbiamo avuto il ritorno di Secret Wars, Civil War, Secret Empire e con l’arrivo della serie televisiva è facile prevedere l’arrivo di una nuova Secret Invasion. Ma queste saghe, ora più ora meno, sono momenti ricordati positivamente dai True Believers.

Se possiamo considerare questa scelta di Marvel un azzardo, per contro in essa vediamo un aspetto positivo. È come se la Marvel, dopo tanto tempo, avesse deciso di fare i conti col proprio passato. Una resa dei conti tra la Casa delle Idee e una delle pagine più buie della propria storia, una pagina che porta il titolo Heroes Reborn.

Federico Galdi
Genovese, classe 1988. Laureato in Scienze Storiche, Archivistiche e Librarie, Federico dedica la maggior parte del suo tempo a leggere cose che vanno dal fantastico estremo all'intellettuale frustrato. Autore di quattro romanzi scritti mentre cercava di diventare docente di storia, al momento è il primo nella lista di quelli da mettere al muro quando arriverà la rivoluzione letteraria e il fantasy verrà (giustamente) bandito.