L’opinione pubblica e la memoria di internet: solo gli stupidi non cambiano idea.

La funzione accadde oggi di Facebook è una crudele piccola forma di tortura giornaliera dell’ego. A meno che non abbiate creato il vostro profilo da meno di dodici mesi, è quasi impossibile resistere alla tentazione di sbirciare nei contenuti condivisi con il resto del mondo telematico anno dopo anno e provare, di tanto in tanto, un vergognoso imbarazzo per ciò che è stato scritto e che ristagna nella profondità della memoria collettiva sociale.

In un racconto del 2013 non ancora tradotto in italiano, Ted Chiang (autore del racconto Storia della tua vita, arrivato poi al cinema con la regia di Denis Villeneuve) immagina una forma di tecnologia simile ai grain della puntata Ricordi pericolosi di Black Mirror: il Remem è un impianto neurale in grado di sostituire la memoria naturale in maniera più efficiente, rapida, infallibile. Un tema, quello della memoria totale, caro alla fantascienza, ma cosa significa avere pieno accesso a ogni momento passato della nostra vita? Le coppie smetterebbero di battibeccare su chi ha detto cosa e quando, o ogni momento della relazione finirebbe per essere sviscerato e riprodotto all’infinito nel tentativo di cogliere qualche segnale passato in sordina?

Blast from the past

Nonostante il terrorismo narrativo di opere distopiche come Il cerchio di Dave Eggers, siamo ancora ben lontani dal momento in cui l’umanità sarà dotata di una reminescenza 24/7, tuttavia le tracce che seminiamo in rete diventano con il passare degli anni sempre più corpose e, in molti casi, sempre meno aderenti alla persona che siamo diventati nel frattempo.

Questo sembra essere successo a James Gunn: il regista e sceneggiatore di Guardiani della Galassia è appena stato licenziato dai Walt Disney Studios perché, come leggiamo nel comunicato ufficiale del presidente del consiglio di amministrazione degli studio, Alan Horni comportamenti offensivi e le affermazioni scoperte nel profilo Twitter di James sono indifendibili e in contrasto con i valori del nostro studio, per questo abbiamo scisso la nostra relazione lavorativa con lui.

Cerchiamo di capire da dove spuntino fuori queste scoperte: i tweet a cui si fa riferimento risalgono a un periodo che va dal 2009 al 2012; dopo aver esordito alla sceneggiatura nel 1996 con Tromeo and Juliet (se non avete familiarità con i prodotti di Troma Entertainment, possiamo riassumerli in breve con “un sacco di sangue, un sacco di sesso” e, nel caso specifico, “incesti e Lemmy Kilmister come voce narrante”), Gunn ha lavorato ai due film di Scooby-Doo e al remake del 2004 de L’alba dei morti viventi, con la regia di Zack Snyder. Nel 2009 scrive, dirige e produce con i fratelli Brian e Sean, James Gunn’s PG Porn, una web-serie ospitata da Spike in cui attori famosi (nel pilot assistiamo alla fantastica prova attoriale di un Nathan Fillion capocantiere) e star del porno uniscono le forze in brevi sketch per chi ama tutto del porno, tranne il sesso.

Il passato è una terra straniera

La documentazione sulla carriera di Gunn è a disposizione di qualsiasi essere senziente con una connessione internet e un livello di alfabetizzazione da scuole elementari, perciò diamo per scontato che Disney fosse in possesso di queste informazione anche nel settembre del 2012, quando è stato annunciato il nome del regista che si sarebbe occupato di Guardiani della Galassia. E nonostante Twitter non abbia ancora la brutta abitudine di ricordarti ogni giorno quanto sei stato coglione lo stesso giorno degli anni passati, è possibile scaricare l’archivio dei propri tweet, all’occorrenza.

A riportare all’attenzione del pubblico quei tweet, dopo anni, è stato due giorni fa Jack Posobiec, corrispondente per la One America News (canale via cavo repubblicano che ha sempre difeso a spada tratta il senatore Roy Moore dalle accuse di pedofilia), veterano dell’Intelligence, cristiano, padre, marito, autore di Citizens for Trump (come recita la sua bio di Twitter). E qui casca l’asino, anzi l’elefante: senza voler sostenere teorie complottistiche o cercare di capire come funzioni la mente di un supporter dell’attuale POTUS ci chiediamo se sia un caso che tali tweet siano stati riportati all’attenzione del pubblico dopo dieci anni, proprio quando Gunn ha raggiunto l’apice delle sue dimostrazioni pubbliche anti-Trump (a suo dire un cattivo ancora peggiore di Thanos, in quanto quest’ultimo ha sempre agito in nome di ciò che credeva giusto, mentre il fine ultimo presidente americano è quello prendere in prestito denaro dalle banche straniere per aggiustare i suoi affari in fallimento).

Una cosa di cui siamo certi è che Disney non sta passando un buon momento dal punto di vista scandalistico e, appena archiviata la pratica Lasseter, si ritrova a dover gestire questo segreto di Pulcinella: non stiamo parlando di accuse di nessun tipo nei confronti di Gunn, non ci sono rivelazioni sconvolgenti o testimonianze di comportamenti scorretti. Ci sono solo dei pessimi tweet di dieci anni fa che Gunn stesso non ha rinnegato, appellandosi al buon senso comune: [quei tweet] erano un vano e sfortunato tentativo di essere provocatorio. Troviamo scritto nel comunicato ufficiale rilasciato alla ABCmi sono pentito da molto tempo di averli scritti, non soltanto perché sono stupidi, per niente divertenti, selvaggiamente insensibili e sicuramente non provocatori come avevo sperato, ma anche perché non rispecchiano la persona che sono oggi e che sono da qualche tempo. Ma a quanto pare Disney non perdona e una macchia è per sempre.

When we were young

Crescere, invecchiare, maturare, significa molto spesso cambiare idea. Quello che ci faceva ridere a dodici anni non sembrerà più così esilarante a venticinque, con il senno di poi molte donne capiscono che il subdolo sessismo adolescenziale che le vedeva impegnate in una lotta tra sorelle giova solo al patriarcato, insomma, sfido chiunque di voi a prendere in mano la Smemoranda delle superiori e non vergognarsi di ciò che ci trova scritto.

Ed ecco il nocciolo del problema: per trovare tracce di quanto eravamo stupidi prima dell’avvento dei social, dobbiamo cercare in fondo a qualche scatolone, tirare fuori diari, quaderni, lettere scritte a mano, se mai ne abbiamo scritte. Grazie a Twitter, Facebook, Instagram, la nostra stupidità è costantemente sotto gli occhi di tutti, innegabile, indiscutibile; ogni nostra parola resterà incisa fino alla morte dei server sugli schermi di chiunque voglia leggerle e usarle contro di noi in qualsiasi discussione. Come nel racconto di Chiang, non ricordo di averlo detto non è più una scusa valida e qualsiasi detrattore potrà uscirsene fuori prima o poi con qualche nostra sparata poco politically correct, o una semplice battuta fuori luogo, sbattendola in faccia a noi, ai nostri datori di lavoro, alla nostra cerchia di contatti.

Anche se la velocità delle innovazioni tecnologiche tende a farcelo dimenticare, Internet è un medium relativamente nuovo e l’impressione è che a livello sociologico non sia ancora ben chiaro come far convivere la sua funzione archivistica con quella comunicativa: ciò che dico oggi è sintomo di ciò che penso in quel momento, ma potrebbe non essere altrettanto vero tra dieci anni, seppure resti innegabile che nella mia vita abbia espresso quel pensiero.

I am Gunn

Troppo spesso, tuttavia, i social diventano un luogo in cui vomitare odio per gli altri: madri di famiglia che augurano la morte ad altri esseri umani, distinti uomini di mezza età che offendono pubblicamente ragazzine colpevoli – apparentemente – solo di avere un corpo, opinioni politiche espresse con la violenza di un martello che sbatte sull’incudine del buon senso.

Mentre a un bravo regista viene negata l’opportunità di portare a termine il suo lavoro per dei pessimi esempi di black humour di cui tutti erano già virtualmente a conoscenza, non possiamo fare a meno di domandarci come potrebbe cambiare il mondo del lavoro se la web reputation si applicasse anche ai comuni mortali e non solo alle star. Forse le persone capirebbero il peso delle loro parole?

Purtroppo le probabilità di trovare una risposta a questa domanda sono le stesse che abbiamo di assistere al terzo volume di Guardiani della Galassia con James Gunn ancora al timone del progetto.

Angela Bernardoni
Toscana emigrata a Torino, impara l'uso della locuzione "solo più" e si diploma in storytelling, realizzando il suo antico sogno di diventare una freelancer come il pifferaio di Hamelin. Si trova a suo agio ovunque ci sia qualcosa da leggere o da scrivere, o un cane da accarezzare. Amante dei dinosauri, divoratrice di mondi immaginari, resta in attesa dello sbarco su Marte, anche se ha paura di volare. Al momento vive a Parma, dove si lamenta del prosciutto troppo dolce e del pane troppo salato.