Una Civil War tra i tavoli da disegno: la disputa tra Stan Lee e Jack Kirby nella creazione dell’Universo Marvel

Se siete appassionati di fumetto almeno una volta vi sarà capitato di affrontare questo discorso: la Marvel deve il suo successo a Stan Lee o a Jack Kirby? Quella della guerra tra il Sorridente e il Re è una strana, folle storia. La storia di due uomini di genio, due indiscutibili maestri nel fumetto, seppure con diverse idee di come sviluppare e rendere grande il comic americano. Da un lato la capacità di comprendere il proprio tempo e sfruttarne il mercato per proporre idee sempre accattivanti. Dall’altro un artista con pochi eguali nel disegno, a cui un’intera generazione di disegnatori, da Mike Mignola al nostro Leo Ortolani, ha riconosciuto meriti e influenze.

La realtà è che senza la loro collaborazione forse non sarebbe mai nato il Marvel Universe. La risposta può apparire semplice, ma non per questo è semplicistica. Sia l’apporto di Lee che di Kirby è stato fondamentale per creare ciò che noi conosciamo come Marvel Comics. Purtroppo questo genere di ragionamento, così pacificatore, non si adatta a una storia che ha visto controversie sulla paternità dei personaggi, sui meriti creativi e sull’esposizione mediatica di uno dei due a scapito dell’altro.

Se è vero che non possiamo togliere meriti a nessuno dei due per una miriade di splendidi personaggi creati sotto il tetto della Casa delle Idee, è pur vero che il processo creativo, il Marvel Method, ha lasciato spazio ai detrattori dell’uno e dell’altro schieramento per attacchi e insinuazioni. Non ci resta che provare a ripercorrere la storia che ha legato questi due soggetti, cercando di arrivare a comprendere cosa abbia scatenato una piccola “civil war” tra i True Believers.

La Marvel prima di Stan Lee: un regno per King Kirby?

Per i giovani lettori di oggi, abituati a vedere Stan Lee in ogni film del Marvel Cinematic Universe, è quasi impossibile pensare possa esserci un altro creatore di questo multiverso narrativo. Ma la verità è che già negli anni Quaranta, quando la Marvel ancora non si chiamava così ma Timely Comics, la stella più fulgida non era quella del Sorridente.

Al tempo in cui un giovane ragazzo di nome Stanley Martin Lieber stava ancora risalendo la china, la Marvel vide l’ingresso di un nuovo autore. Si chiamava Jacob Kurtzberg e si era già firmato con diversi pseudonimi (come Jack Kurtiss), ma sarebbe divenuto un’icona del fumetto mondiale con nome Jack Kirby. All’epoca il Re collaborava assiduamente con Joe Simon, col quale creò per la Marvel, a fine 1940, il personaggio di Captain America.

I rapporti con la Timely non furono dei migliori. All’epoca la disputa riguardò le royalties sul personaggio, con il duo di autori che voleva almeno il 25% del totale, cifra che l’editor in chief di Timely, Martin Goodman, non avrebbe mai concesso. Ma per quanto breve la permanenza di Kirby in questa incarnazione della Marvel, ci dà già un’idea di quale fosse la sua importanza come autore. Il Re divenne rapidamente una figura affermata appena fu superata la guerra. Gli anni tra il 1945 e il 1958 lo videro scrivere diverse storie, variando spesso anche il genere, andando dal fumetto romantico a quello horror. Kirby, insomma, si stava affermando come autore eclettico e pieno di inventiva, per quanto poche delle sue esperienze si siano protratte a lungo.

Allo stesso tempo il giovane Stan Lee stava scalando le gerarchie della Atlas Comics (l’incarnazione della Marvel successiva alla Timely). Lee firmò il suo primo riempitivo nel 1941 sulle pagine di Captain America e, successivamente, collaborò a un gran numero di testate per la sua casa editrice, affermandosi come uno dei suoi collaboratori più fedeli.

Face front!

La collaborazione tra Jack Kirby e Stan Lee presentava già a priori tutte le problematiche che possono nascere tra due professionisti così diversi. Da un lato il Sorridente era un “franchise player”, fedelissimo della Marvel in tutte le sue incarnazioni. Qualcosa che, ovviamente, venne premiato con un’ascesa rapidissima. Dall’altro lato un fumettista che, a fine anni Cinquanta, aveva già lavorato per le maggiori case editrici di fumetti degli Stati Uniti, affermandosi come artista di genio.

Proprio la fine degli anni cinquanta vide questa coppia ricomporsi sotto la stessa Atlas. Kirby aveva detto addio in maniera burrascosa alla DC Comics, trovandosi quindi a lavorare come freelance per la futura Marvel in maniera regolare e, quindi, con Lee. Se avete letto i nostri precedenti articoli saprete che gli anni Cinquanta furono un periodo estremamente difficile per il Comic a stelle e strisce. Il successo di Seduction of the innocent dello psicologo Fredric Wertham aveva posto i fumetti sotto una luce inquietante, accusandoli di veicolare immagini violente e sessualizzate.

Il fumetto si era quindi trovato costretto a reinventare se stesso, cercando anche di adattarsi al gioco della Comics Code Authority. La DC trovò la soluzione in una forma di continuità: avrebbe reinventato i suoi personaggi classici per renderli più accattivanti e adatti al mercato contemporaneo. Dal 1956 la DC Comics dominò il mercato. A cominciare da Flash, rinato nella sua seconda identità di Barry Allen, tutti i supereroi della casa di Burbank furono reinventati e trovarono ottimi riscontri di pubblico. La DC era pronta a dare il colpo di grazia alle rivali con la rivisitazione della Justice League. Ma il tutto commettendo un piccolo errore: durante una partita a golf Jacob Liebowitz della DC mostrò di avere la lingua troppo lunga e si vantò con l’editor in chief di Marvel, Martin Goodman, anticipandogli il progetto.

E Goodman reagì come solo un “bravo” capo sapeva fare. Tuonò contro il suo diretto sottoposto di trovare un’idea vincente da proporre sul mercato. Per sua fortuna quel sottoposto si chiamava Stan Lee. Da tempo Lee desiderava scrivere la sceneggiatura del proprio fumetto. Ma voleva qualcosa che gli piacesse, che interpretasse lo spirito del tempo e potesse strizzare l’occhio alle mode. Magari con qualche tematica più ardita, senza che la CCA potesse intervenire.

Marvel Method

Lee in quei giorni iniziò quindi a scrivere un canovaccio. Buttò giù quella che sarebbe stata la sinossi principale del fumetto, le peculiarità e i caratteri dei personaggi, quindi passò la palla a quello che considerava il più talentuoso dei disegnatori Marvel. Jack Kirby in persona. E il Re produsse la sua magia, creando il gruppo che rappresentò il rilancio della Marvel: i Fantastici Quattro.

In diverse interviste concesse nel corso di quel decennio Lee e Kirby descrissero il metodo di lavoro che sarebbe poi divenuto la regola per la Casa delle Idee: il cosiddetto Marvel Method. Lo sceneggiatore concepiva il personaggio e stendeva una traccia della sua storia, delle sue origini e dei suoi poteri. Fatto ciò provvedeva a passare la palla al disegnatore, il quale poteva sviluppare in maniera libera l’idea, senza però tagliare i contatti con il collaboratore.

Il Marvel Method mostrò una capacità di riuscita vicina al 100%: sono pochi i casi in cui Lee si mostrò insoddisfatto del lavoro di Kirby (il più eclatante fu l’Uomo Ragno, quando finì per consegnare l’intero progetto a Steve Ditko). Per il resto la quantità di personaggi sfornata da questo sodalizio fu semplicemente enorme. Oltre ai Fantastici Quattro vennero creati Thor, Hulk, Iron Man e gli X-Men.

Il pregio di questo metodo di lavoro era che dava libertà creativa a entrambe le parti. Nelle dichiarazioni di Lee e in quelle di Kirby non ci fu mai il desiderio di rivendicare in maniera esclusiva la paternità di un’opera. Tuttavia proprio questa grande libertà nascondeva in sé il seme di quella che sarebbe stata la controversia attorno ai personaggi Marvel. Dove inizia il merito di un autore e dove finisce?

stan lee jack kirby marvel
Il personaggio di Funky Flashman nacque come una parodia di Stan Lee: un modo con cui Jack Kirby volle rendere pan per focaccia al suo collega di un tempo

La guerra in Casa… delle Idee

Il rapporto tra Stan Lee e Jack Kirby si chiuse nel 1970, quando quest’ultimo abbandonò la Marvel in piena polemica con l’altro. Tuttavia sarebbe sbagliato dire che il Re abbia lasciato la Casa delle Idee solo per una questione economica.

Tra le motivazioni che portarono alla sua diatriba col Sorridente ci fu l’eccessiva esposizione mediatica di quest’ultimo presso il pubblico. Stan Lee si era costruito, nel corso degli anni Sessanta e ancora nei Settata, il ruolo di “uomo immagine” della Marvel. Era lui il primo a presenziare agli eventi, a scrivere gli editoriali, a rispondere alle lettere dei True Believers. Insomma, Stan Lee era divenuto, a torto o a ragione, la Marvel Comics: qualcosa che a Jack Kirby non poteva andare bene.

Il Re si sentiva adombrato. Nella semioscurità del suo Dungeon di Long Island chissà cosa deve aver pensato mentre il collaboratore si prendeva gli applausi agli occhi del pubblico. Kirby non era come Steve Ditko, che poteva accettare quasi ogni cosa, purché gli lasciassero libertà creativa sui personaggi. Il Re voleva molto di più.

Alla fine degli anni Sessanta, quando il sodalizio tra Kirby e Lee pareva all’apice, le cose finirono rapidamente per prendere una brutta piega. Da un lato il risentimento del Re verso la troppa esposizione del collega; dall’altro incomprensioni con la Marvel dal punto di vista contrattuale ed editoriale. Il caso peggiore fu quello legato all’idea degli Eterni, opera che si sarebbe concretizzata solo col ritorno di Kirby alla Marvel diversi anni dopo.

Il Re aveva iniziato a stendere il progetto di questa storia e a concepire i primi disegni, trovandosi tuttavia bloccato dal Metodo Marvel, che gli avrebbe probabilmente imposto di “condividere” la sua creatura con un altro sceneggiatore. Nel mentre anche controversie sui pagamenti si fecero strada tra la Marvel e Kirby. Come molti altri disegnatori, anche il Re del Comic finì ai ferri corti con la Casa delle Idee per degli assegni non versati e per dei lavori pagati male. Un astio che si riversò anche su Stan Lee, la cui posizione non gli costò mai alcun problema economico.

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Il disgelo

Per molto tempo Jack sembrò provare un sincero astio verso Stan, tanto da parodiarlo nel personaggio di Funky Flashman. Per contro, nel corso delle sue interviste, Lee non sembrò volersi arrogare meriti non suoi e riconobbe sempre il talento del collega. L’ira di Jack scemò rapidamente. Come detto Stan Lee era l’uomo immagine della Marvel: ma non la casa editrice impersonificata. Cosa che Kirby deve aver considerato quando, qualche anno dopo, decise di tornare alla Casa delle Idee.

Forse per il legame nato dall’aver creato insieme il Multiverso Marvel tra i due smise di correre rancore. Tornarono anche a collaborare sulle pagine di Silver Surfer, evento non da poco dati i trascorsi. Il Re, tuttavia, sentirà comunque stretta la politica della Marvel. Ben presto deciderà di darsi all’animazione, pur non abbandonando mai il fumetto.

Oggi, sia il Re che il Sorridente hanno lasciato questo mondo per passare alla storia. Il loro contributo pesa in ugual misura su ciò che è il fumetto moderno. La guerra, per quanto atroce possa essere stata, sembra ormai essere un ricordo del passato. Qualcosa che, per fortuna di noi lettori Marvel, viene intesa solo come un tributo alle due personalità senza le quali non sarebbe mai nato il Multiverso fumettistico della Casa delle Idee.

Federico Galdi
Genovese, classe 1988. Laureato in Scienze Storiche, Archivistiche e Librarie, Federico dedica la maggior parte del suo tempo a leggere cose che vanno dal fantastico estremo all'intellettuale frustrato. Autore di quattro romanzi scritti mentre cercava di diventare docente di storia, al momento è il primo nella lista di quelli da mettere al muro quando arriverà la rivoluzione letteraria e il fantasy verrà (giustamente) bandito.