“Il pensiero umano, con le sue infinite varietà, i suoi infiniti gradi, aspetti e conflitti, è forse lo spettacolo più divertente e, insieme, più scoraggiante, del nostro globo terracqueo.”


Nella storia del cinema sono stati innumerevoli i casi in cui, trovandoci davanti lo schermo, ci siamo imbattuti in citazioni, omaggi o richiami all
immaginario del solitario di Providence, ma in rarissime circostanze abbiamo avuto delle pellicole interamente basate su delle sue opere.

Lovecraft e il mondo del cinema, infatti, non sono mai andati totalmente d’accordo, contrariamente alle opere del maestro King. Universi troppo avanzati ed indecifrabili per poter essere creati? O l’incapacità dei registi della nostra epoca di poter reggere il confronto con il genio del Re dell’orrore?

lovecraft cinema

Tralasciando l’arte di Guillermo del Toro, totalmente plasmato dall’immaginifico lovecraftiano e di Poe, che, almeno sino ad ora, non è riuscito a realizzare il suo vero e definitivo omaggio allo scrittore americano, portando sullo schermo Le Montagne della Follia, sono veramente pochi i casi in cui un regista si è cimentato in quest’ardua impresa. I casi meritevoli di una menzione, paradossalmente, sono due. Il cineasta americano Stuart Gordon ci ha provato, in realtà, nel 1986, portando sul grande schermo ReAnimator un horror fantascientifico basato sulla storia di Herber West Rianimatore. Gordon, da grande estimatore di Lovecraft, ha scelto probabilmente lo scritto più cinematograficamente adatto.

Un’opera senza dubbio interessante, attuale, e in grado di cavalcare l’ondata pop degli zombie che caratterizzava l’epoca. Creature che, per come le conosciamo noi oggi, sono state donate al grande pubblico proprio grazie a questa produzione letteraria. Infatti i non morti di Lovecraft, riportati nel suo scritto del 1921, sono esseri creati scientificamente, e totalmente distaccati dalle culture aborigene del centro Africa, capaci di mantenere una maggiore “umanità” in base alla freschezza del corpo.

Gordon, nel suo primo effettivo lungometraggio, ci mostra solo in parte l’estetica lovecraftiana, sfruttando uno degli scritti più semplici, cinematograficamente parlando, per poi rischiare maggiormente nel 2001 con Dagon – La mutazione del male. In questa sua creatura, Gordon, fonde i racconti di Dagon e La maschera su Innsmouth, proiettandoci nelle tetre realtà marine del Solitario di Providence, dove i flutti e gli abissi divorano l’animo e la mente umana, sacrificandole ai Grandi Antichi.

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Il culto esoterico dell’ordine di Dagon, però, questa volta viene professato in Spagna, nella cittadina di Imboca, visto che l’intera produzione della pellicola avvenne proprio nella penisola iberica, venendo presentata, tra le altre cose, al Festival internazionale del cinema della Catalogna.
Il film, purtroppo, rispetto a Re-Animator soffre lo scorrere del tempo, ma in un mondo dove pochissimi hanno avuto il coraggio di confrontarsi con la penna di Lovecraft, vale assolutamente la pena citarla ed invitarvi a vederla.

Dopo Gordon in molti hanno provato a riportare la chiesa – blasfema- al centro del villaggio, seppur con scarsi risultati. Circondati da prodotti culturali sempre più orientati sullo splatter, gli slasher movie, e le possessioni demoniache, il terrore dell’occulto e del mistero è rimasta una prerogativa di pochissimi. Non ultimo James Wan nel suo Aquaman.

Tuttavia, tra le opere riuscite, se non le più riuscite, vi sono due produzioni di uno dei più importanti padri fondatori del cinema moderno: John Carpenter.

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Infatti il regista pilastro di Hollywood e dell’orrore, è stato uno dei pochi, se non l’unico vero artista in grado di portare il mondo di Lovecraft al cinema. Tra orrori provenienti dallo spazio siderale, ambientazioni claustrofobiche, il crescente terrore per l’ignoto e entità di innominabile fattezza e mostruosità che si insidiano nella mente delle persone portandole alla follia, le pellicole del cineasta americano sono, seppur non esplicitamente, un meraviglioso omaggio a H.P.L.

Portare Lovecraft al cinema è stata sempre una delle più grandi sfide  della storia dell’horror

La prima diventata – purtroppo o per fortuna, dipende dai casi – culto del suo genere solo molti anni dopo, è La cosa (The Thing), uscita in sala nel 1982. Accolta in maniera non troppo positiva dalla critica specializzata, la creatura di Carpenter suscitò un forte clamore nelle sale di tutto il mondo per via delle scene molto forti e cruente, al limite dello splatter (sempre contestualizzato all’epoca). La Cosa, nonostante non presenti un esplicito riferimento a Lovecraft, ha tutte le carte in regola per essere definita un’opera partorita dalla sua mente.

Carpenter ci narra un essere parassita proveniente dallo spazio remoto pronto a possedere i corpi di ignari studiosi, terrorizzati in questo caso da qualcosa che va oltre la propria conoscenza, e capace di plasmare e modificare arti e parti del corpo a proprio piacimento.
Una pellicola claustrofobica, ambientata interamente nel campo stanziato tra i ghiacci dell’Artico
, con costanti cambi di inquadrature, e colpi di scena, degne della miglior regia di Carpenter. A questi va aggiunta anche la memorabile colonna sonora curata dal Maestro Ennio Morricone, e l’epico Kurt Russell in grande spolvero.

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Un film sperimentale per l’epoca, anche troppo, ma come successo costantemente durante la carriera di Carpenter, è diventato pian piano un vero fenomeno di culto. Un’opera che permise al regista americano, tra le altre cose, di realizzare una “idealistica” trilogia del terrore.

Se La Cosa rappresentò un “semplice” assaggio per poter intravedere le tematiche di Lovecraft al cinema, il vero capolavoro fu, senz’ombra di dubbio, Il Seme della Follia, uscito il 1994, con protagonista il leggendario Sam Neill (Jurassic Park; Peaky Blinders).

La pellicola, oltre ad avere un titolo che omaggia una delle opere più importanti di Lovecraft, quale Le montagne della follia, mantiene un’estetica ed un compartimento grafico di mostruosa fattura (grazie all’eccezionale lavoro dell’Industrial Light & Magic), è il massimo dell’essenza lovecraftiana. La follia, il disturbo mentale, l’alienazione, permeano in ogni sequenza, proiettando lo spettatore in un isterico e gorgogliante mondo sotterraneo, dove incubo e sogno si mischiano costantemente sotto la volontà di entità esterne.

In quest’opera troviamo veramente di tutto, da Il modello Pikman, a Il richiamo di Cthulhu, passando per L’abitatore del buio, sino a L’entità sulla soglia, con le mostruosità che abbattono il confine di sicurezza dell’esterno, e si annidano all’interno della mente dei protagonisti. Una perla di pregevole fattura, magistralmente realizzata da Carpenter, che ancora una volta si è dimostrato l’unico degno artista in grado di portare Lovecraft al cinema.

Leonardo Diofebo
Classe '95, nato a Roma dove si laurea in scienze della comunicazione. Cresciuto tra le pellicole di Tim Burton e Martin Scorsese, passa la vita recensendo serie TV e film, sia sul web che dietro un microfono. Dopo la magistrale in giornalismo proverà a evocare un Grande Antico per incontrare uno dei suoi idoli: H. P. Lovecraft.