Anime e manga dominano la scena transmediale

i recente, rileggendo un manga shojo nella sua edizione del 2012, abbiamo riscoperto la presenza di una nota a piè pagina che spiegava il significato di cosplay. Dieci anni fa, insomma, era ancora necessario chiarire alcune terminologie oggi affermate e date quasi per scontate nell’ambiente di manga e anime. Questa osservazione dovrebbe dare già un assaggio di quanto le cose siano cambiate e siano ancora in evoluzione. Manga e anime, come i comics, sono passati dall’essere dei prodotti per pochi, di una nicchia specifica, a essere prodotti di massa.

Se la loro transmedialità era già affermata in Giappone praticamente da sempre, ora si sta diffondendo anche nel mondo occidentale: dalle collaborazioni con case di alta moda come Gucci, Prada e Dolce&Gabbana (per fare qualche nome italiano ed essere anche un po’ orgogliosi) e altri marchi come Bershka, Uniqlo e Max&Co, ai romanzi da cui sono tratti film d’animazione, fino alle app da avere sempre con noi (tra le quali spicca su tutte, naturalmente, Pokemon GO) e agli anime and manga studies, con i quali si è sviluppato un approccio accademico interdisciplinare per analizzare ed esplorare le varie dimensioni assunte da questi media tra articoli, saggi e corsi.

Dal 2019 a oggi il mercato di manga e fumetti è letteralmente quadruplicato, a dispetto delle difficoltà soprattutto economiche che abbiamo vissuto proprio in questo ultimo triennio. La percentuale di copie vendute dei soli manga, considerando solamente le librerie fisiche e online (quindi ad esclusione delle fumetterie specializzate, le quali non vengono tracciate) raggiunge nel 2021 il 58%, secondo la ricerca condotta dall’AIE, seguita subito dopo dalla crescita non altrettanto esponenziale di fumetti occidentali e graphic novel.

A cosa è dovuto questa sorta di Rinascimento di anime e manga, presenti da anni in Italia ma mai a queste cifre? Certamente, con l’avvento delle piattaforme di streaming la visione degli anime è diventata molto più semplice e alla portata di tutti: la diffusione di nuovi episodi e stagioni avviene in simulcast col Giappone o comunque in contemporanea in tutto il mondo; inoltre, Netflix si è messo in gioco come produttore di anime originali, avendo comunque in catalogo titoli importanti per la community di appassionati. Anche Crunchyroll, piattaforma specializzata in anime, ha giocato da sempre un ruolo importante e nel frattempo è stata acquisita da Funimation, a sua volta divisione di Sony, che ha così tra le sue fila dell’entertainment anche questo settore. A loro si aggiungono Prime Video e recentemente anche Disney+ come distributori di anime tratti dalle serie di punta del momento, come ad esempio, tra i più recenti, Demon Slayer.

E questo ci porta alle fiere del fumetto dove proprio queste serie venivano annunciate, i loro autori ospitati e intervistati, le copie distribuite come caramelle. Il fumetto in generale offriva e pian piano sta ricominciando a offrire un’esperienza a 360° e questa comprendeva quel rapporto umano che le fiere elevavano al di là dei social e degli schermi che hanno finora diviso autori e lettori. Nell’acquisto di un fumetto, un graphic novel, un manga ora vi è anche un’implicita promessa: prima o poi ci sarà la possibilità di incontrare chi lo ha realizzato, di avere un autografo o uno sketch, di far sapere con parole ed emozioni quanto l’opera ci abbia colpito. Questa è certamente una delle tante speranze che hanno continuato a far muovere ed espandere il mercato.

In questo contesto, poi, non sono da dimenticare i cosplay citati all’inizio, che danno letteralmente vita ai personaggi e contribuiscono all’attività di una comunità sempre più grande e desiderosa di stringersi attorno agli stessi valori, da quelli estetici a quelli morali. Dopo Tik Tok, reels, stream su Twitch e video su YouTube, il ritorno a una parvente normalità come quella percepitasi nelle fiere di questo periodo (l’ultima nel momento in cui scriviamo, il Riminicomix) è il toccasana definitivo di un’industria che non accenna a fermarsi e che forse dovrà iniziare a prestare sempre più attenzione a tematiche sociali e culturali rilevanti.

Tuttavia, questo tsunami proveniente dall’Estremo Oriente sembra non lasciare così tanto posto al fumetto occidentale. A dispetto della mancanza di carta, infatti, vengono ripubblicate costantemente nuove edizioni di serie straconosciute (Fullmetal Alchemist, Card Captor Sakura, Sailor Moon, Dragonball…), titoli consumati dal tempo rivedono la luce (tra gli ultimi, Saint Seiya e Saint Tail… un caso? Io non credo), e come dimenticare le innumerevoli variant alle quali si prestano anche autori nostrani.

Quegli stessi autori che, però, faticano a emergere in uno spazio che in libreria si sta ampliando ma non per loro. Cosa manca al fumetto occidentale per ottenere quello che il manga (e ora anche il manhwa coreano e i webtoon) sta riuscendo a fare oggi?

Occidente e Oriente a confronto: i comics sono rimasti indietro rispetto ai manga?

Interrogarsi su quali prerogative rendano il mercato dei manga così fiorente può essere senz’altro da stimolo per chi lavora nel campo del graphic novel all’europea e, perché no, anche in quello dei comics. In effetti, le major del fumetto americano già da tempo stanno attingendo all’immaginario e all’estetica dell’Estremo Oriente e non è raro trovare stili di disegno (anche fatti da autori occidentali) che sono figli di letture e studi su fumetti giapponesi. Vediamo il caso del sempre più quotato (e amato) Simone Di Meo, il cui dinamismo nelle scene d’azione sembra proprio nascere da un bagaglio culturale ibrido, misto, molto in linea con i gusti dei lettori contemporanei. Ma non solo: vincitrice come miglior cover artist agli ultimi Eisner Award, l’illustratrice giapponese Peach Momoko che ha lavorato sulle più importanti testate USA.

Insomma, l’Occidente continua a guardare l’Oriente con grande fascinazione e i confini, anche estetici, tra i due mercati diventano sempre più sottili. In Italia, diversi artisti da molti anni hanno omaggiato il Paese del Sol Levante nelle loro opere: basti pensare a Igort o alla strepitosa Elisa Menini, tra gli altri. Ma la stampa generalista sembra essersi svegliata cinque minuti fa, e lancia titoli che inneggiano a una “riscossa del fumetto” sugli scaffali delle librerie, mettendo in primo piano l’immensa produzione e gli straordinari dati di vendita dei manga. Tolto che un’ottica competitiva è piuttosto sterile e non tiene conto delle frequenti ibridazioni che un sistema artistico realmente internazionale vive col passare del tempo, è indubbio che i manga vendano benissimo. Molti lettori e molte lettrici, anzi, leggono solo manga.

Non è facile fare un discorso concreto, però se ci soffermiamo su quali possono essere i punti di forza del manga rispetto ai comics, possiamo provare a individuare qualche punto-chiave. La tradizione giapponese di targettizzare fortemente le proprie opere è ben nota e ha portato il lettore a trovare in fumetteria prodotti pensati esattamente per le sue esigenze. C’è una tale differenziazione di storie, personaggi, ambienti, temi, che il fumetto occidentale sta recuperando solo da pochi anni a questa parte. Prima, “prima” della rivoluzione manga (in Italia) degli anni Ottanta, c’erano pochissimi fumetti per adolescenti di identità femminile, per esempio.

Non solo, la serialità del fumetto manga è molto vasta (parliamo di numero di volumi per titolo), ma si interseca in universi narrativi complessi molto meno che nei comics americani. Questo non è né meglio, né peggio – sia chiaro – ma consente a un lettore “nuovo” un più facile inserimento nel franchise. Inoltre, la transmedialità del fumetto giapponese che abbiamo apprezzato con i numerosi anime ispirati ha consentito una diffusione capillare di personaggi e stili nell’immaginario. Questo avviene senz’altro anche coi fumetti americani soprattutto tramite il cinema. Ma anche qui: le serie animate, trasmesse in chiaro in tv (allora) o su piattaforma su abbonamento (ora) permettono una fruizione più diretta, più rapida, anche meno mediata da genitori e dalla supervisione adulta. Quindi, un rapporto più diretto col prodotto.

Sono solo tre elementi che emergono in un confronto tra manga e comics, ma già sostanziali. Quindi le motivazioni non sono da cercare in una differenza di qualità, ma in strutture generali che – alla lunga – hanno delle conseguenze.

A cura di Alessia Trombini e Francesca Torre