Men in Black International, nonostante non riesca a reggere il confronto con le opere precedenti, prova a tracciare coraggiosamente la propria strada per un nuovo futuro

Dopo le storiche avventure del leggendario duo composto dagli agenti J e K (interpretati dagli inossidabili Will Smith e Tommy Lee Jones), arriva nelle sale cinematografiche Men in Black International capitolo spin-off della celebre saga degli uomini in giacca e cravatta più famosi della galassia (dal 25 Luglio al cinema).

Diretto da Gary Gray (famoso per opere del calibro di The Italian Job e Straight Outta Compton), lo spin-off della rinomata saga cinematografica nata nel ’97 dai fumetti di Lowell Cunningham, è un coraggioso, quanto riuscito blockbuster movie ricco di citazioni mai fini a sé stesse, e omaggi alle opere precedenti, ma capace di mantenere una propria anima, con uno sguardo rivolto verso il futuro, soprattutto, grazie all’ottimo lavoro di Gray.

 

Men in Black International, purtroppo, sin dalle prime sequenze vive il confronto con i precedenti film, partendo in netto svantaggio visto che, soprattutto i primi due, hanno segnato una vera e propria pagina della storia del cinema pop, offrendoci delle sequenze indissolubili. La creatura di Gray, d’altro canto, appare quasi come una “cover band”, pronta ad omaggiare il passato, provando a donarle un pizzico di colore in più.

Molto interessante risulta essere, in primis, il minutaggio di soli 98 minuti. Una vera rarità visti i tempi che corrono. Per quanto inizialmente possa colpire come scelta di produzione e montaggio finale, il risultato ci offrirà una pellicola piacevole, ma priva della corposità tipica di un’opera che ha rinnovato totalmente l’immaginario fantascientifico degli ultimi tempi.

Paradossalmente, un minutaggio superiore, anche vicino alle 2 ore, avrebbe permesso di mostrarci qualche spunto narrativo più succulento e meno risoluzioni dello script frettolose. Certo è che, godendo del beneficio del dubbio, con il rovescio della medaglia avremmo potuto assistere anche ad un’accozzaglia di citazioni trite e ritrite, pertanto la scelta di Gray è accettabile, seppur non condivisibile al 100%.

Durante la proiezione, fortunatamente, seppur manchi la componente “epica” che ha donato quel fascino inconfondibile al duo Smith – Jones, il colore di MIB riesce ad essere riconoscibile anche ai fan di vecchia data. Tanta azione, alieni delle più disparate forme e caratteristiche, numerosi siparietti comici (si ringrazia in primis Piedino), ma ad un certo punto si noterà l’assenza di qualcosa, quel quid in più necessario per far spiccare realmente il volo al film.

Men in Black International

Che sia dovuto alla nuova coppia di agenti impersonata da Chris Hemsworth e Tessa Thompson (rispettivamente  H e M) o alla mancanza di uno script inattaccabile è difficile da stabilire. O forse l’imputato numero uno risulterà essere proprio lo sceneggiato scritto da Art Marcum e Matt Holloway, visto che le giovani star già famose per la loro collaborazione nella saga di Thor si sono difese nel giusto modo.

Certo, metterli a confronto con due monumenti sacri della storia come i precedenti agenti risulterebbe indecoroso e soprattutto ingiusto, ma risulta altrettanto ovvio che la presenza scenica non sia la stessa. Peccato soprattutto per Hemsworth, il quale si presta nuovamente ad un ruolo da protagonista giusto per i credit finali. Da un attore che è riuscito a mettere la propria firma in ottime pellicole come Rush o 7 sconosciuti a El Royale, ci si aspettava di più.

L’opera di Gray è giovane, fresca, con numerose pecche, ma si riesce a mettere in gioco

Apprezzabile invece Tessa Thompson che riesce a diventare la vera protagonista di Men in Black International, anche a discapito di un Liam Neeson sottotono, valorizzata soprattutto nelle sequenze action magistralmente girate da Gray. Il regista newyorkese, infatti, risulta essere il vero valore aggiunto di un’opera che, senza il suo contributo, sarebbe rimasta senza dubbio nell’anonimato.
I primi piani ravvicinati e le panoramiche verticali sono, oltre che degli omaggi alla direzione artistica di Barry Sonnenfeld, di pregevole fattura, e la gestione delle sequenze d’azione è ottima e mai confusionale, nonostante la grande quantità di elementi sullo schermo.

Eccezionali le location, visto che la produzione della pellicola si è divisa tra Marocco, Londra, New York e persino l’Italia (protagonista di una delle sequenze più belle del film). Infine risulta geniale la decisione di adoperare, per rappresentare un alieno mutaforma protagonista di uno spot in TV, una modella diversa in base alla nazione di proiezione della pellicola. Pertanto prestate attenzione agli schermi del quartier generale di Londra.

Men in Black International

Men in Black International, in sostanza, è un prodotto da consumare in una serata con gli amici, senza doversi aspettare chissà quale caratura, ma in grado di lasciarci un piacevole ricordo.

La pellicola di Gray viaggia soprattutto grazie alla direzione di un cineasta navigato ed esperto, che ci offre inquadrature e scelte registiche ottime. Interessante la scelta di adoperare un minutaggio così asciutto, che dona leggerezza al tutto, ma priva il film – complice anche uno script non all’altezza – di quella carica che permeava tutte le opere della saga. Promossi senza troppa lode i nuovi agenti H e M, nella speranza di poterli vedere in futuro in un’opera un po’ più ambiziosa.

Leonardo Diofebo
Classe '95, nato a Roma dove si laurea in scienze della comunicazione. Cresciuto tra le pellicole di Tim Burton e Martin Scorsese, passa la vita recensendo serie TV e film, sia sul web che dietro un microfono. Dopo la magistrale in giornalismo proverà a evocare un Grande Antico per incontrare uno dei suoi idoli: H. P. Lovecraft.