Manga e romanzo: un legame solido

Il fumetto si lega a doppio filo a qualsiasi altra forma d’arte, tanto che spesso e volentieri ne è stato influenzato o addirittura varie altre opere d’arte hanno avuto la loro trasposizione vignettistica. La nona arte conta numerosi esempi di comparse di dipinti, sculture, riferimenti o intere opere dedicate al cinema, così come vi sono molti manga o anime che si ricollegano ad opere letterarie o grandi classici.

Alcune traggono semplicemente ispirazione da dei romanzi, altre ancora ne prendono in prestito dei personaggi ma ne esistono anche le trasposizioni totali, il cui scopo è narrare la storia tramite il punto di vista e l’immaginazione del mangaka: ciò non toglie assolutamente l’importanza che l’opera assume, anzi ne dà nuove chiavi rappresentative e di lettura. Abbiamo pensato di raccogliere alcuni dei manga e degli anime che si ispirano o rivisitano i grandi libri del passato, giungendo a noi con una nuova rappresentazione.

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Kafka Classics In Comics

Partiamo con un volume che debutterà a marzo 2020 e che probabilmente in molti ancora non avranno letto: parliamo di una raccolta di nove racconti di Franz Kafka curata da Nishioka Kyodai. A partire da La metamorfosi e Un medico di campagna, il volume contiene alcune delle storie più famose e rappresentative del visionario scrittore boemo. I fratelli Satoshi e Chiaki Nishioka, rispettivamente sceneggiatore e disegnatrice, si cimentano per la prima volta nel trasporre in manga i racconti dello scrittore, anche se questa non è un’impresa del tutto nuova per loro. I due si erano già misurati con “Viaggio alla fine del mondo”, opera dalle atmosfere molto simili a quelle dei manoscritti di Kafka, surreale, crudo e duro.

Manga romanzo

Il Conte di Montecristo di Ena Moriyama

Tratto dal celebre romanzo di Alexadre Dumas, il manga riprende le gesta di Edmond Dantès, facendo rivivere al lettore la sua storia, partorita dallo scrittore francese. La cura e l’accortezza spese da Ena Moriyama nella sua opera, fanno sì che questa riesca a trasmettere le stesse sensazioni e le stesse emozioni del libro originale, nonostante il manga non ne segua per filo e per segno gli eventi, per ovvie ragioni. Il volume riesce insomma a essere fedele seppur a suo modo: la trasformazione di Edmond Dantès nel Conte di Montecristo, la sua discesa nell’oscurità, la via per la vendetta, un labirinto di intrighi e la voglia di vivere la felicità e l’amore, c’è spazio per tutto. Il manga, al pari del romanzo, è una vera e propria opera di formazione, con un potente messaggio da trasmettere.

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La Divina Commedia di Go Nagai

Trasformare in vignette un’opera come la Divina Commedia non è certo facile. Chi se non Go Nagai, il padre di Devilman, poteva cimentarsi in un’impresa simile? È stata proprio la lettura dell’opera eterna a inculcare l’idea e la “passione” per i demoni a Nagai, era quindi naturale che il maestro si dedicasse ad un adattamento del genere. Appena aperto, il volume mostra subito le influenze che Gustave Dorè ha avuto sul creatore di Mazinga: alcune tavole riprendono in tutto e per tutto le scene illustrate dal pittore francese.

Gran parte del fumetto è ovviamente dedicata all’Inferno con ben 506 tavole, raccontando invece Purgatorio e Paradiso in meno della metà. Nagai riesce a calare le opere di Dorè in salsa manga, adattandole nel migliore dei modi, fondendo seinen e shojo. La Divina Commedia di Nagai resta comunque qualcosa di familiare ai seguaci più appassionati del mangaka: molti dei personaggi, dei demoni e dei mostri sembrerà di averli già visti da qualche parte, in quanto il disegnatore li ha perfettamente calati nel suo stile da “Uomo Diavolo”. La Divina Commedia di Nagai rappresenta una perla da recuperare per qualsiasi appassionato.

Heidi

Chiunque, al solo sentir pronunciare il nome Heidi, può fare a meno di iniziare a canticchiarne la sigla. L’anime, uscito nel 1974, ha letteralmente spopolato, coinvolgendo addirittura più generazioni. Forse non in tanti sanno che l’opera è tratta dal romanzo di Johanna Spyri, risalente a circa un secolo prima. Quando si parla di Heidi è impossibile non essere presi da un senso di nostalgia: si parla di una delle pietre miliari dell’animazione ma di un’opera dolce, alla scoperta del proprio io e del viaggio che si fa durante la propria crescita. L’innocenza e la sincerità dei personaggi, la quotidianità delle situazioni fanno sì che ci si immedesimi molto facilmente, rendendola un esempio perfetto per spezzare i toni dalle serie attuali, forse più portate ad avere ritmi molto più veloci.

Conan il ragazzo del futuro

I classici non appartengono solo al passato (più o meno) remoto: Conan il ragazzo del futuro è un romanzo del 1970, dove lo scrittore ha immaginato il globo all’indomani del terzo conflitto globale, dove la società non si dedica più allo sfrenato sviluppo tecnologico e ha fatto molti, moltissimi passi indietro. In tutto ciò, nello sperduto isolotto deserto, abita Conan, un ragazzino cresciuto come un vero e proprio selvaggio. È bastato questo ad ispirare Miyazaki e a ricreare l’opera, col suo estro e la sua fantasia.

La serie si struttura giocando a lungo con la coppia Conan-Lana: nuovi Adamo ed Eva il cui destino è quello di far ripartire una nuova società, un nuovo modo di vivere. La coppia rappresenta il ricollegarsi dell’uomo al mondo, alla natura in un senso di comunione e di abbandono dell’individualità: l’amore per il prossimo si concretizza nell’amore per il mondo e per la natura.

Il fiuto di Sherlock Holmes

Ebbene sì, lo studio Ghibli ha ben pensato di pescare più volte dal mondo letterario per dar vita alle sue opere. Sherlock Holmes è, a mani basse, il detective più famoso della carta stampata e probabilmente non solo quella. Miyazaki, con la collaborazione (non facile) dell’italianissima RAI, ha ben pensato di dedicargli un’intera serie animata ma rinnovandola, tramutandola. Ne “Il fiuto di Sherlock Holmes” tutti i personaggi assumono fattezze di cani. Alcuni dei personaggi conosciuti grazie a “Uno studio in rosso” e “Il segno del quattro” assumono quindi nuova forma, il cui aspetto riflette le caratteristiche, ad esempio Holmes è un segugio mentre Moriarty un cane-lupo. Lo spirito qui è molto più leggero e scanzonato rispetto alle opere originali, grazie alle tantissime gag e alla mai celata somiglianza con l’atmosfera di Lupin III.

Nadia – Il mistero della Pietra Azzurra

Due anni di vacanze, Ventimila leghe sotto i mari, Cinque settimane in pallone e L’isola misteriosa. Questi nomi vi dicono qualcosa? Sono quattro libri, quattro classici scritti da Jules Verne, grazie ai quali ha avuto vita “Nadia – Il mistero della Pietra Azzurra”. Grazie alla regia di Hideaki Anno e Shinji Higuchi (forse più del primo, rispetto al secondo) è nata quest’opera che rappresenta un mix quasi perfetto fra l’animo fantascientifico, nerd, e quello più introspettivo, più sentimentale, più intimo, tipico di Anno. A differenza di Neon Genesis Evangelion i toni sono però più calmi, più smorzati, senza cadere in dimostrazioni eccessive del conflitto interno dei personaggi, come la catatonia di Asuka o la rabbia cieca di Shinji. Il risultato è un’avventura in cui l’azione e i sentimenti formano un connubio quasi perfetto, calato sapientemente nell’atmosfera e nel mondo creato dalla mente geniale di Verne.

Pandora Hearts

Alice nel Paese delle Meraviglie è una fiaba che ha incantato e, a volte, impaurito molti bambini. Vuoi per la particolarità di cui Lewis Carrol l’ha impreziosita, vuoi perché i messaggi dell’opera restano chiari e limpidi a distanza di anni o per l’atmosfera onirica, stramba e assurda che lo scrittore ha creato, in moltissimi ne restano colpiti. È proprio all’atmosfera, al mondo creato da Carrol che Jun Mochizuki si è ispirato per dare vita a Pandora Hearts: il suo manga non ricalca affatto la storia di Alice ma ne pesca a piene mani per ricrearne una tutta sua. Pandora Hearts è un mix di elementi tratti da Carrol che Mochizuki ha brillantemente rimodernato, inserendoli in un contesto tutto suo.

Proprio come Alice nel Paese delle Meraviglie, Pandora Hearts risulta inizialmente un po’ confuso, caotico, ma è solo con lo sfogliare delle pagine che viene fatto ordine nella nostra mente, per poi dare inizio a una sfilza di colpi di scena, che rendono il manga divertente come pochi.

Il Piccolo Principe

Per gli adulti a volte è complesso spiegare ai bambini determinati concetti o situazioni, cose che magari agli occhi di un bambino risultano totalmente diverse, viste sotto una prospettiva e una luce totalmente differente rispetto al mondo di chi è già cresciuto. Tutto è più fiabesco, più fantasioso e, perché no, anche fantastico. È questo il mondo in cui ci cala Il Piccolo Principe, anime del 1978, giunto in Italia solo nel 1985, che ripercorre le avventure del Piccolo Principe di Antoine de Saint-Exupéry sul suo asteroide B612 e, soprattutto, sulla Terra. La trasposizione è fedele a quella del romanzo originale e, con le musiche di sottofondo (la sigla tra l’altro cantata dal Piccolo Coro dell’Antoniano), ha un suo perché.

Il colore venuto dallo spazio di Gou Tanabe

Gou Tanabe è un mangaka sicuramente appassionato alle opere di Lovecraft e che ben si adatta alle corde dello scrittore, grazie al suo stile intrigante. Tanabe si è prodigato, nel tempo, a ricreare trasposizioni manga delle opere del maestro dell’horror, diventando praticamente un esperto nel campo. Il romanzo più rappresentativo è sicuramente Il colore venuto dallo spazio, uno dei racconti più sensazionali e importanti del ciclo di Cthulhu: un meteorite che cade sulla Terra, dando inizio ad eventi fuori dal comune e a misteri assurdi. La cosa che più colpisce, leggendo l’opera di Tanabe sono senza dubbio i volti, i quali sono molto realistici e in un campo horror fanno sicuramente il loro effetto. I dettagli ed il realismo sono qualcosa che esalta molto il racconto di Lovecraft, rendendo il volume in grado di affascinare ed impaurire allo stesso tempo.

Salvo Cifalinò
Ingegnere per vocazione, nerd per passione. Tecnologia, videogames e fumetti, senza dimenticare la birra, sono ormai un mix quotidiano che lo sfama da quando era un frugoletto (ok, la birra forse no). Inizia a scrivere sulle testate online nell'ormai lontano 2010 senza mai essersi allontanato dalla tastiera.