Poesia, letteratura, fumetti e molto altro: Dante Alighieri nella cultura popolare

Parlare di Dante Alighieri, per noi italiani, vuol dire toccare uno dei personaggi più importanti della nostra cultura, un autore così popolare da diventare eroe nazionale. Strano a dirsi. Ancor più strano sarebbe stato per lo stesso Durante, figlio di messer Alighiero degli Alighieri. Lui, esule scacciato da una patria poco gentile, sarebbe divenuto uno dei simboli dell’Italia. Un’Italia che, quasi settecento anni fa, quando morì il poeta, sarebbe stata impensabile come unità statale. L’opera di Dante e la sua figura sono ancora così forti forse proprio per la sua storia personale. Quella di un idealista (uno dei pochi) che pagò in modo atroce la sua passione e il suo impegno in politica. Il suo amor di patria.

Forse per questo Dante è oggi l’autore più popolare nelle scuole e nella cultura accademica. La sua fama ha da tempo trasceso il suo immenso apporto alla poesia: il nome Dante è presente nella musica, nel cinema, nella televisione, nei fumetti e persino nella letteratura contemporanea. Insomma, il tempo ha trasformato Dante in una vera e propria star.

Ripercorriamo allora la figura di Dante nella cultura di massa e cerchiamo di capire cosa abbia reso così popolare il personaggio, prima ancora che il poeta. Un viaggio che ci farà inoltrare in una nostra personale selva oscura, con i versi del Sommo a farci da guida, stelle che ci permetteranno di tracciare una rotta e impediranno a noi lettori di smarrirci.

Fine e inizio

Chiedersi quando Dante sia diventato figura centrale nella letteratura italiana non è una domanda banale. La risposta è che già all’indomani della sua morte, nel 1321, il poeta fiorentino iniziò a essere celebrato come uno dei grandi della nostra letteratura. L’annuncio della sua dipartita sollevò una forte ondata emotiva. Pur celebrato in vita per le sue opere e il suo pensiero filosofico, i popoli della penisola italiana parvero capire solo in quel momento quale perdita fosse la sua scomparsa.

Già i figli iniziarono a commentarne l’opera, ma non passò molto tempo prima che Dante diventasse oggetto di racconti e storie educative. Si trattava di un modo come un altro per celebrare il poeta, rendendo immortale la sua figura oltre che i suoi versi. Dante veniva elevato a modello di vita, reso agli occhi di chi ascoltava e leggeva questi aneddoti un esempio di virtù, sagacia, intelligenza. In breve tempo l’uomo Dante Alighieri divenne parte del mito nella cultura popolare.

Tra i suoi più “accaniti fan” ci fu Giovanni Boccaccio, che nel suo Trattatello in Laude di Dante raccolse storie e racconti sul poeta, realizzando un’opera a metà tra la biografia e il panegirico. L’autore del Decameron non nascose mai la sua profonda ammirazione per l’Alighieri. A lui si deve l’aggettivo Divina posto prima della Commedia, della quale terrà alcune letture in pubblica piazza a Firenze.

Nel tempo Dante divenne anche un punto di rifermento per pittori e scultori. Le scene narrate nella Divina Commedia contribuirono e riscrivere l’immaginario dell’oltretomba e della cristianità. Alcune godono ancora oggi di grande fama e diffusione, come le illustrazioni che Gustave Doré realizzò per la Commedia.

Poeta della patria, del cinema, della televisione

Il “personaggio” Dante ebbe nuovo vigore nel Secolo XIX, vincolato al messaggio di unità nazionale del Risorgimento Italiano, divenuto simbolo di amore verso una patria tormentata.

L’arrivo del Secolo XX e delle nuove tecnologie tuttavia cambiò anche la diffusione della figura dell’Alighieri nella società. Ne è un primo esempio la pellicola prodotta nel 1911 in occasione dei cinquant’anni dell’Unità d’Italia dalla Milano Films, l’Inferno.

L’opera ebbe forte impatto, riproponendo personaggi famosi dalla cantica infernale. Pur con qualche libertà era uno spettacolo capace di rimanere impresso per alcune immagini rivoluzionarie per l’epoca, come Bertran de Born che avanza con la propria testa in mano o Giuda che dimena le gambe nella bocca di Lucifero. Si potrebbe obiettare che fosse un intrattenimento per pochi. E in effetti la cultura cinematografica dell’epoca era difficile da definire “popolare”. L‘immagine di Dante non poté beneficiarne più di tanto.

Un aiuto fondamentale giungerà perciò dal mezzo televisivo. La poesia di Dante, grazie al tubo catodico, inizierà a diffondersi in Italia e nel mondo. Una delle prime operazioni di questo tipo si deve allo sceneggiato Vita di Dante del 1965, dove un Giorgio Albertazzi in grande spolvero vestì i panni del poeta.

Grazie alla TV alcuni grandi interpreti ebbero occasione di diffondere i versi danteschi nelle case degli italiani. Tra questi spicca per profondità la Lectura Dantis di Carmelo Bene, che scelse la Divina Commedia per commemorare il primo anniversario della strage della stazione di Bologna, un ricordo che ancora lacera il Belpaese. Proprio per questo l’interprete utilizzò i versi del suo poeta più amato per ricucire quella ferita.

A Bene si aggiunsero anche Vittorio Gassman, uno dei più grandi attori del nostro cinema, e Roberto Benigni, il cui Tutto Dante tra il 2006 e il 2013 divenne uno degli spettacoli teatrali più apprezzati del mondo.

Un poeta a fumetti

A dare ulteriore spunto a Dante e alla sua fama ci pensò un altro mezzo di comunicazione: il fumetto. La nona arte fu in grado di veicolare il messaggio di amor patrio del poeta fiorentino in un momento difficile come gli anni bui dopo la fine della seconda guerra mondiale. Nello specifico questo merito spetta alla Disney, che nel 1949 propose la propria prima grande parodia: l’Inferno di Topolino. Con spirito affilato e arguto, Guido Martina e Angelo Bioletto proposero uno spaccato dell’Italia uscita dal conflitto. Un’opera satirica e divertente, che veicola ancora una volta un messaggio di unità nazionale. Al Belpaese viene chiesto di leccarsi le ferite e rialzarsi, di andare avanti.

Non fu l’ultima comparsa di Dante sulle pagine del settimanale di Topolino. Oltre alle ultime tavole della parodia di Martina e Bioletto, il Sommo Poeta comparve anche in due storie nel 1980 e nel 1983. Paolino Pocatesta e la bella Franceschina e Messer Papero e il Ghibellin Fuggiasco, firmate nuovamente da Martina con l’aiuto di Giovan Battista Carpi. Nel 1987 venne proposta anche una nuova parodia dell’Inferno, questa volta con protagonista Paperino. Rispetto al passato l’opera si contraddistingue per un sapore di maggiore denuncia, con l’autore Giulio Chierchini che rimarca i problemi di burocrazia, inquinamento e avidità dell’Italia degli anni ’80.

Anche nel fumetto fuori dall’Italia Dante riesce a ottenere successo e considerazione, persino nell’Estremo Oriente. Il manga vede in Dante una fonte di ispirazione molto presente. Autori come Go Nagai, Masami Kurumada e persino Eichiro Oda si rifanno alla sua opera. In particolare il primo sceglie l’Inferno come riferimento per opere come Mao Dante e Devilman, a cui si aggiunge una trasposizione a fumetti della Commedia. Kurumada e Oda invece prenderanno a piene mani da Dante per creare i propri inferni: quello governato dal dio Hades in Saint Seiya; e quello guidato dalla Legge, la prigione Impel Down in One Piece.

Un’altra letteratura, un altro Dante

La figura di Dante nella cultura popolare si attesta anche grazie ai romanzi e alle opere di fantasia che vedono protagonista “il Ghibellin Fuggiasco”. La vita di Dante, anche grazie alla Commedia, è una delle più documentate del suo periodo storico. Grazie alle fonti abbiamo la possibilità di conoscere diversi momenti della sua vita, il suo apprendistato, la sua formazione, la sua carriera politica. Eppure proprio i vuoti nella pur ricca documentazione sulla vita dell’Alighieri hanno permesso a diversi autori di giocare con l’immaginazione e creare romanzi attorno alla sua vita.

Uno degli esempi migliori in questo senso è stato Giulio Leoni, che in una serie di romanzi storici utilizza Dante alla stregua di un investigatore. Leoni ci descrive l’Alighieri come un giovane priore, ancora esuberante e alla ricerca di sé. Ben distante dall’immagine del poeta conosciuto dai libri, Dante si trova costretto a indagare sull’omicidio della compagna del suo amico Casella, cercando i sospettati tra i suoi migliori amici, tra cui Guido Cavalcanti.

Proprio la figura di quest’ultimo è al centro di una saga fantasy recente, che indaga la figura del Sommo Poeta in maniera diversa rispetto al solito: Eternal War, opera di Livio Gambarini. Avevamo già parlato in due diverse occasioni di questo ciclo di romanzi, da poco giunto al quarto e ultimo capitolo, Inferno.

Nell’opera di Gambarini, come detto, non è Dante a essere la figura centrale, ma quella di Kaballicante, Ancestrarca (cioè spirito familiare) della famiglia Cavalcanti. Tuttavia la figura di Durante ci viene mostrata sin da giovane, dal suo primo incontro con Guido. Il rapporto tra i due si snoda nel corso dei primi tre romanzi della saga, impostandosi come un rapporto tra mentore e allievo sui generis. Sin da giovane Dante è consapevole del suo intelletto e delle sue capacità superiori, maggiori anche di quelle dello stesso Guido. La sua bruttezza, la sua impopolarità e il suo carattere scontroso tuttavia gli precludono la possibilità di far emergere la sua grandezza. Proprio l’amicizia (venata di rivalità) con il Cavalcanti permetterà a Dante di crescere e migliorarsi.

Guido e Durante si scambiano spesso il ruolo di mentore e allievo all’interno del loro rapporto. Dante mostra all’amico quali siano i poeti da leggere ed emulare per migliorare la propria arte. Per contro Guido riesce a mostrargli come migliorare se stesso, facendogli intraprendere un percorso di crescita profondo, lo stesso che lo porterà a diventare autore della Divina Commedia. Nel frattempo l’amico cercherà di dargli conforto nel suo disperato amore per Beatrice Portinari, supportandolo nella separazione terrena (dovuta al matrimonio di lei con Simone De Bardi) e ultraterrena.

La Firenze rappresentata da Gambarini, pur con parecchie libertà storiche dovute a necessità di trama, si mostra come quella del Secolo XIII, dalla battaglia di Montaperti fino all’esilio di Dante. L’opera magna del Sommo trasuda da ogni pagina di Eternal War. Al suo interno sono contenuti riferimenti e personaggi visti nelle tre cantiche, in un climax che porta al capitolo finale della saga. In Inferno assistiamo a una differente versione della discesa di Dante nel primo regno oltremondano. L’ultimo romanzo del ciclo paga un po’ il dover ripercorrere le stesse tappe del poema dantesco, tuttavia compensa con l’evoluzione dei personaggi. Siamo alla fine di un percorso coerente con quanto visto nei capitoli precedenti, che riesce a far finalmente risaltare Dante come protagonista. La conclusione di un viaggio, quello di Kabal, con un parallelismo che richiama la Commedia.

Dante videoludico

Si potrebbe pensare che dopo aver toccato cinema, fumetti, televisione e romanzi la figura di Dante non abbia ulteriori appigli nella cultura popolare. Invece il nostro poeta riesce a far sentire la sua presenza persino nei videogiochi, influenzando in modi diversi questa particolare forma artistica.

Già nel 1986 l’Inferno di Dante venne preso come spunto per un videogioco destinato al Commodore 64. Ma in tempi più recenti abbiamo avuto l’esempio di Devil May Cry, con il nome del protagonista che omaggia apertamente il poeta fiorentino.

Se Devil May Cry si limita a qualche citazione sparsa nel corso della saga, un gioco di Electronic Arts risalente al 2010 tentò un’operazione molto più ardita, cercando di portare i giocatori nel proprio Dante’s Inferno. Dire che il titolo si sia preso delle libertà è un eufemismo. Al suo interno Dante diventa un soldato della Terza Crociata (terminata nel 1192), costretto a scendere all’Inferno per salvare Beatrice. Rimane ben poco dell’opera originale, in un’operazione che ci fa chiedere se EA abbia mai pensato di aprire un libro di storia.

Chissà che in futuro non possano esserci nuovi (e migliori) spunti videoludici dalla Commedia. Di certo l’ingresso di Dante nella cultura videoludica dimostra ancora una volta la grandezza della sua opera e quanto sia divenuto popolare il messaggio che permea le pagine dei suoi scritti.

Federico Galdi
Genovese, classe 1988. Laureato in Scienze Storiche, Archivistiche e Librarie, Federico dedica la maggior parte del suo tempo a leggere cose che vanno dal fantastico estremo all'intellettuale frustrato. Autore di quattro romanzi scritti mentre cercava di diventare docente di storia, al momento è il primo nella lista di quelli da mettere al muro quando arriverà la rivoluzione letteraria e il fantasy verrà (giustamente) bandito.