Dalle posizioni di potere alle dinamiche di controllo: Pleasure è il film sul porno dal punto di vista femminile che ci parla del nostro mondo quotidiano

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na scena di Pleasure di Ninja Thyberg racchiude il senso del film. Decisa a oltrepassare i suoi stessi limiti, la protagonista Bella Cherry, nome di fantasia per la nascente pornoattrice dell’esordiente Sofia Kappel, si reca sul set di un film per adulti con esplicite scene di violenza. Sequenze che sono state messe su carta, fatte firmare e documentate affinché si agisse nella salvaguardia di tutti, pratica già essenziale e consueta nel mondo dell’industria del porno, che diventa ancora più stringente e fondamentale quando si sceglie di girare sequenze di schiaffi, sputi, soffocamenti e tutto ciò che può derivare da un istinto feroce e animale.

Il tutto, ovviamente, deve avvenire in un ambiente protetto. Quello in cui si sente inizialmente Bella, gradualmente modificato nel corso della scena a causa dell’aggressività di un copione a cui la giovane non era forse realmente preparata mentalmente come pensava, ma su cui ha tutto il diritto di ritirarsi. Anche se i suoi colleghi non sembrano d’accordo. Ma procediamo con ordine. Nella sequenza di quello che, a tutti gli effetti, è uno stupro di gruppo, la regista e sceneggiatrice pone la doppia anima del lavoro sul porno, quello che va rappresentando le perversioni più estreme della sessualità agendo però nel rispetto e nella salvaguardia delle persone che ne prendono parte.

Al timore di Bella di girare la scena, dopo i primi stop in cui il pianto simulato della ragazza diventa un vero e proprio sgorgare di lacrime, regista e colleghi le si mettono al fianco rassicurandola e dicendole che è tutto a posto. Che non c’è nulla di vero in quello che stanno facendo, che comprendono la sensazione che gesti e parole possono suscitare nella ricreazione di quel contesto, ma che Bella deve sentirsi al sicuro e riguardata, perché non le avrebbero mai fatto del male.

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La scena così prosegue, ma il risultato non cambia, con la giovane sempre più a disagio pur essendo stata lei stessa a proporsi per contenuti violenti eppure intenta a rivedere la propria posizione e tirarsi così indietro. Se, quindi, la dicotomia su cosa vediamo nel porno e come viene realmente girato dà la percezione allo spettatore di Pleasure di quanto sia esteso il divario tra ciò che avviene davanti la camera da presa e la preparazione che coinvolge il dietro, è sulle conseguenze di quell’insicurezza della protagonista che vediamo lo specchio di un’intera società e il leggerissimo equilibrio su cui soprattutto i tempi moderni vanno cautamente muovendosi. 

Se come abbiamo visto in apertura del film, la stesura e la convalida di documenti ufficiali è una pratica nodale al fine di garantire protezione tanto agli attori che possono così sentirsi preservati quanto a coloro che realizzano i prodotti pornografici per non venir accusati di molestie, non sempre l’umore dei partecipanti coincide con le effettive premesse. Dopo i tentativi di consolazione degli attori e del regista che assicuravano a Bella che non avrebbe dovuto acconsentire a nulla che lei stessa non avesse voluto, è l’insofferenza quella che subentra nei tre uomini che sentono di aver sprecato tempo e soldi, vista la soggezione provata dalla ragazza che vorrebbe smettere di continuare col girato. Una giovane sola, in una casa con tre uomini, tutti più prestanti di lei, visibilmente delusi dallo stato d’animo dell’attrice e infastiditi al punto da far sentire Bella in una situazione di pericolo.

Quella che, per evitare di far scoppiare, sceglie di disinnescare completando il proprio lavoro. Portando a compimento una sequenza che le rimarrà addosso avendola esposta a quello che da uno stupro simulato rivivrà per sempre come un accadimento realmente avvenuto. È infatti con questo termine che giunge dal suo agente e che l’uomo stesso la invita a non utilizzare. Perché stupro nel mondo del porno è una parola molto forte, che può spezzare carriere come in qualsiasi situazione di vita normale, sia alle vittime che a coloro che ne vengono accusati. È da questo strappo che Bella prenderà la decisione di mettersi in proprio, di voler raggiungere da sola l’obiettivo di diventare una Spiegel Girl, coloro che fanno parte dell’olimpo del porno, senza affidarsi più a nessuno. 

In una sola scena Ninja Thyberg ha indicato ciò che caratterizza l’industria pornografica attuale con la sua cura e attenzione, ma al contempo il retaggio di una società patriarcale e maschilista in cui una donna pur sotto contratto deve sentirsi minacciata nel ritrovarsi da sola in una casa con tre uomini mentre sta lavorando. E non importa se per il proprio mestiere deve denudarsi o lasciarsi dominare da un uomo. Nel momento a telecamere spente, è un’eredità preoccupante e ancora strisciante quella che l’autrice ha manifestato e che non è raro cogliere nel mondo quotidiano, quello che con la pellicola viene amplificato nell’ottica del porno e delle strutture sociali ed economiche che gli girano attorno.

Ciò che suggerisce Pleasure, in un racconto che cerca la dimensione documentaristica senza dimenticare una forma narrativa che abbia una storia di scopi e traguardi da voler conquistare, è un macrocosmo riportato dalla sua autrice nascosto dietro alla particolarità del porno, dove ogni gesto e intenzione vengono enfatizzate proprio per la vulnerabilità che viene così esplicitamente esposta. 

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Ciò che accade in una bolla in cui i corpi vanno intrecciandosi e in cui i genitali sono parte imprescindibile del proprio bagaglio lavorativo diventa la lente di ingrandimento per riportare la tossicità di uno show business che sta gradualmente mutando, ma si rivela ancora altamente deleterio e ostile nei confronti delle donne. Un luogo in cui la premura sembra sempre al primo posto, ma è in verità il potere l’unica cosa che conta, come in qualsiasi altra realtà. È l’essere un porno divo che è meglio non mettersi contro, capace di rendere umiliante il tuo lavoro lì dove dovrebbe esserci assoluta professionalità. È il rischiare di non farsi un nome, oppure di farselo nella maniera sbagliata. Di essere ingaggiata o meno a seconda del tuo rimanere comunque docile, anche se davanti alla luce accesa della telecamera ti vogliono sexy e provocante. 

Nell’investigazione per nulla edulcorata di un cosmo pornografico studiato accuratamente da Nanja Thyberg e riportato cercando di escludere quel male gaze che ha invaso dalla sua nascita il cinema e fagocitato qualsiasi settore del porno, la visione femminile rimane anche in una delle sequenze finali in cui Bella assapora per un attimo quel potere sfruttandolo però duramente.

Nell’indossare uno strap-on per una sequenza con quella che è stata la sua rivale per tutto il film, Bella la possiede assumendo la posizione dell’uomo non soltanto per sentire finalmente il controllo della situazione, bensì sembra incanalare in quel fallo di gomma i soprusi vissuti fino a quel momento riversandoli con ira sulla collega. Una donna che, a propria volta, aveva più volte affossato il percorso o la posizione della ragazza, in una lotta in cui è necessario tirar fuori le unghie per rimanere nel panorama delle pornostar

È perciò vendetta e assorbimento di quello che si è passato l’immagine che rimane fissa di quella scena fisica e rabbiosa, tanto per colei che viene posseduta, quanto per la protagonista che sembra spersonalizzarsi assumendo un ruolo maschile e, in questo caso, con tutto il portato triviale e insensibile che troppe volte il genere si trascina dietro. Non è il fatto di avere un pene a indirizzare le azioni di Bella Cherry, ma l’aver visto come spesso viene usato per infliggere dolore e terrore nell’altro, influendo così sul suo comportamento e cercando di mandare a propria volta alla sua collega il medesimo messaggio, dopo essere stata inoltre umiliata ulteriormente proprio dalla donna. 

Per una disamina immediata e facilmente ricevibile dal pubblico, Pleasure è un’opera sulla disfunzione di un ambito controverso come il mondo al di fuori che riesce, proprio attraverso il porno, a svincolare ancora di più il corpo e le scelte delle donne, mostrandone gli effetti e le svolte. I pregiudizi e la paura di una libertà che sembra solo utopica, pur inseguita ogni giorno in ogni angolo. Un godere che sarà vero quando sarà scollegato dal resto, dalle strutture sociali, dalla smania di dominio, dal desiderio di avere il controllo su tutto. Quando potrà essere finalmente unico e solo piacere.