A circa sette mesi dal lancio di Google Stadia, vediamo come si è evoluta la piattaforma e quanto lavoro c’è ancora da fare per renderla appetibile al grande pubblico

Sembra quasi un’era fa quando, il 19 novembre 2019, Google ha reso disponibile in beta testing il servizio Stadia. Indubbiamente la pandemia appena passata ha reso lontanissimi eventi tutto sommato recenti, ed io stesso sono rimasto sorpreso dal rendermi conto che fossero passati più di sei mesi dal suo lancio. Poco più di un semestre durante il quale il servizio, di per sé abbastanza acerbo al lancio, ha cercato di correggere il tiro svariate volte andando a migliorare ed aggiungere funzionalità promesse durante gli annunci iniziali.

A margine dell’ultimo Stadia Connect del 14 luglio scorso e dello pseudo lancio globale avvenuto in pieno lockdown, possiamo cominciare a tirare le somme sulla console virtuale di Google, cercando di capire dove l’azienda di Mountain View può lavorare per convincere gli scettici più irriducibili e diventare la piattaforma competitiva che, al momento, ancora non è.

Partiamo però dalle basi, ovvero cos’è Google Stadia. Può sembrare una premessa inutile, tuttavia sono in molti a non aver ben chiaro in mente come funzioni il servizio, sia per colpa di coloro che l’hanno paragonato erroneamente a servizi come Game Pass o PS Now, ma anche per una comunicazione non sempre efficace di Google, problema che non mancherà di tornare nelle prossime righe.

Stadia è, citando Wikipedia, “una piattaforma di cloud gaming”: il suo selling point principale non è infatti legato alla possibilità di giocare un numero spropositato di giochi, bensì di avere una vera e propria console remota accessibile da una vasta gamma di dispositivi dotati di browser Chrome oppure con sistema operativo Android (non solo smartphone, ma anche Smart TV o set-top box), senza alcuna limitazione a parte avere a disposizione una connessione Internet ed un controller nel caso in cui non si giochi su PC.

I giochi girano su server con prestazioni superiori ai computer casalinghi, garantendo ad esempio una risoluzione in 4K con HDR, 60 frame al secondo e audio 5.1 Surround nel miglior scenario possibile. A ciò si aggiunge la comodità di comprare un gioco e avviarlo istantaneamente, salutando tante noie recenti come l’installazione, ma anche gli eventuali aggiornamenti dei titoli che impediscono di giocare qualora ne venga rilasciato uno. Questi ultimi vanno acquistati esattamente come accade nella normalità, anche se l’abbonamento Pro permette di ricevere ogni mese due titoli da giocare gratuitamente.

Con un investimento hardware irrisorio e 10 euro al mese, Stadia promette dunque la possibilità di giocare ovunque e con il massimo delle prestazioni. In alternativa, è comunque possibile usufruire del servizio gratuitamente, con la qualità di gioco limitata a 1080p a 60fps, HDR e audio stereo. Insomma, sulla carta parliamo di un qualcosa di fantascientifico, ma la realtà dei fatti qual è?

Essendo una delle persone che ha deciso di acquistare la Founder Edition di Stadia, ho avuto modo di provare in prima persona il servizio sin dalla sua versione preliminare e, inizialmente, non sono rimasto totalmente soddisfatto. L’esperienza iniziale è stata molto buona, anche solo per il fatto di poter concretamente giocare via browser o sulla mia TV senza nessun hardware da migliaia di euro oppure con un rumore di ventole assordante (sto parlando di te, PS4 Pro).

Sono rimasto piacevolmente sorpreso nel constatare che i giochi girassero in maniera abbastanza fluida, con tempi di caricamento decisamente brevi e, soprattutto, un imput lag ridotto all’osso e che non inficiava in alcun modo l’esperienza di gioco. Il mio problema principale, tuttora esistente, è che non avendo modo di giocare in LAN ho sempre sfruttato il Wi-FI casalingo, con tutti i bonus e i malus del caso. Le disconnessioni non erano all’ordine del giorno, sia chiaro, tuttavia capitava spesso che, dopo una mezz’ora di partita, risultava impossibile continuare a giocare dignitosamente, costringendomi a riavviare il gioco per “resettare” il sistema.

Tolti questi problemi, però, la promessa principale di Stadia era comunque mantenuta: potevo giocare aprendo una semplice tab di Chrome, ad esempio durante la pausa pranzo, mentre a casa potevo continuare la mia partita sul mio iMac, l’oggetto tecnologico più distante dal gaming che esista al mondo, oppure sulla mia TV. Il tutto con una latenza molto bassa, indubbiamente la mia preoccupazione maggiore. Flawless, come direbbero a Oxford.

Nei mesi successivi, Google si è impegnata a rendere il servizio sempre più concreto e user friendly: vi basti pensare che al lancio del servizio, l’app mobile era l’unico modo per cambiare le impostazioni del servizio. Col tempo, Stadia ha ricevuto features più concrete  come gli achievements, più dispositivi compatibili e un arricchimento delle impostazioni, fino ad arrivare al Click to Play, ovvero la possibilità di entrare nelle partite di altri giocatori semplicemente condividendo un link, in modo simile a quanto accade su altri prodotti di Google come Meet.

Sul fronte personale, anche la mia esperienza è migliorata moltissimo: dai tremendi cali di linea dei primi tempi, adesso la stabilità del sistema è migliorata al punto che i pochi freeze che mi sono capitati in ore di gioco, sono gestiti in maniera molto più fluida, disturbando decisamente meno e permettendomi comunque di giocare senza riavvii o altro.

Tutto a posto, dunque? Non proprio. Se da un lato Google sta dimostrando di tenere alla crescita di Stadia con aggiornamenti puntuali ed efficaci, ascoltando anche il parere della community con attenzione ammirabile, la percezione generale continua ad essere sempre molto fredda o, peggio, tendente all’attacco indiscriminato della piattaforma per tanti motivi. Uno di quelli più coriacei a livello italiano è indubbiamente il discorso legato alla connessione. Come sappiamo tutti, la pandemia causata dalla diffusione allarmante del Covid-19 ha portato la quasi totalità della popolazione a stare in casa per diversi mesi: questa eventualità ha fatto tornare prepotentemente in auge nella discussione pubblica il grosso divario digitale presente nel nostro Paese, con zone dove sono presenti tecnologie all’avanguardia come la fibra ottica a 1 Gigabit/s e tecnologia cellulare 5G, mentre altre restano drammaticamente isolate a livello digitale.

In un contesto simile è normale che la proposta di Stadia venga considerata quasi di lusso, appetibile solo ad una ristretta fascia di popolazione dotata di una connessione che garantisca una velocità adeguata ed una stabilità altrettanto valida.

Personalmente, però, continuo a ritenere questa critica non accettabile, nella misura in cui Google non può essere considerata responsabile della fatiscenza delle nostre infrastrutture, perciò criticare Stadia da questo punto di vista non è sempre un’argomentazione convincente. Può essere invece interessante analizzare come la stessa comunicazione di Google abbia messo in difficoltà l’intero progetto: gli annunci di Google alla GDC 2019 e all’E3 dello stesso anno si sono concentrati nel descrivere minuziosamente i punti di forza di Stadia al massimo del suo potenziale, ma senza approfondire a dovere aspetti come l’acquisto dei giochi, che ha portato molti a considerarlo, erroneamente, un Netflix coi videogiochi.

Come ulteriore prova dell’inefficacia comunicativa, basti pensare che gran parte delle informazioni legate alla piattaforma prima del lancio non sono emerse da comunicati stampa o presentazioni video, bensì da un AMA su Reddit. Una decisione simile, per quanto possa rivelarsi foriera di informazioni, taglia fuori una larga fetta di pubblico che potrebbe rimanere “scottato” da alcune decisioni o, peggio ancora, non saperle mai al punto da sfuggire dal target. Il tutto sembra voler suggerire che Stadia desideri essere davvero una piattaforma elitaria, a immagine e somiglianza del gamer moderno, trascurando però abbastanza pubblico da mettersi seriamente in pericolo.

google stadia

Questa idea nasce anche dando uno sguardo alla softeca disponibile su Stadia: attualmente si contano appena una cinquantina di titoli, pochissimi dei quali appetibili a quello che volgarmente definiremmo un pubblico “casual” ma che, vi piaccia o meno, ha un ruolo determinante nel trainare le vendite di una console.

L’assenza di nomi di peso come FIFA, Call of Duty o Fortnite sono inevitabilmente un danno per il sistema, impedendogli una diffusione più ampia e, di conseguenza, l’interesse dei publisher. Questo passo è essenziale anche in virtù del lavoro necessario per portare un titolo su Stadia, che richiede la conversione del titolo per renderlo compatibile con le API Vulkan sulle quali si poggia l’architettura del sistema e, di pari passo, l’ottimizzazione volta a permettere la miglior resa possibile in ogni situazione.

Va detto che Google sta facendo del suo meglio, ad esempio garantendo l’uscita di titoli come Cyberpunk 2077 in contemporanea su Stadia, oltre alle varie piattaforme: un requisito fondamentale per permettergli di concorrere in maniera equilibrata con le compagnie più rodate. Tuttavia la giovane età della piattaforma richiede un impegno e degli investimenti superiori alla media, eventualmente anche in termini di esclusive, per quanto il loro peso su una piattaforma simile sia molto relativo.

Google Stadia continua, a mio avviso, ad avere le carte in regola per rappresentare qualcosa di più concreto rispetto alla sua volatilità di base, grazie anche alle nuove strade percorse dai tanti publisher in termini di servizi.

L’annuncio del servizio Uplay Plus di Ubisoft, ad esempio, è tuttora un argomento poco discusso nonostante sia passato appena qualche giorno dall’evento Ubisoft Forward, eppure è l’ennesimo segnale che servizi simili potrebbero diventare la norma per molti editori e nessuna piattaforma potrebbe goderne più di Stadia. Avevo già immaginato in editoriali precedenti la possibilità di rendere la piattaforma Google una killer app a 360 gradi se abbinata a questo tipo di servizi on demand e, tuttora, credo che questa sia l’opzione migliore per spianarsi la strada a fronte di una pletora di potenziali consumatori.

In conclusione, qual è il giudizio finale su Stadia? Attualmente, immaginando dei possibili scenari in ottica next gen, mi sento di dire che Stadia potrebbe essere un’alternativa valida da tenere d’occhio per chi può utilizzarla senza difficoltà, a patto di considerarla per ciò che è e non per ciò che si vorrebbe che fosse. Il lavoro da fare tuttavia non manca, così come non mancano eventuali fondi da investire per rendere la piattaforma sempre più performante e ricca.

Per chi invece è arrivato fino a qui ed è ancora dubbioso, non mi resta che invitare ogni scettico a provare il servizio con mano, registrandosi gratuitamente e approfittando dei due mesi di abbonamento Pro che include tutti i giochi finora messi a disposizione, anche solo per farsi un’idea più concreta. La prova su strada continua ad essere, a mio avviso, l’unico modo per rendersi conto almeno delle potenzialità del servizio; per tutto il resto, la palla è in mano a Google e la concorrenza si sta già muovendo a passi decisi.

 

 

Francesco Paternesi
Pur essendo del 1988, Francesco non ha ricordi della sua vita prima del ’94, anno in cui gli regalarono un NES: da quel giorno i videogiochi sono stati quasi la sua linfa vitale e, crescendo con loro, li vede come il fratello maggiore che non ha mai avuto. Quando non gioca suona il basso elettrico oppure sbraita nel traffico di Roma. Occasionalmente svolge anche quello che le persone a lui non affini chiamano “un lavoro vero”.